La democrazia di Marco Mancosu

Aveva segnato il gol del pareggio contro la Juventus, ha fatto lo stesso contro l'Inter. La seconda vita calcistica del sardo di Lecce

Leo Lombardi

Una toccata e fuga, lunga una decina di anni. Marco Mancosu aveva conosciuto la serie A nel 2007 con la maglia del Cagliari, squadra della sua città e del suo cuore. Un esordio da ricordare, quel 27 maggio. Una sconfitta ad Ascoli, ma con un gol messo a segno.

 

 

A diciotto anni poteva sembrare l'avvio di una promettente carriera, per un centrocampista tecnico e dinamico. Invece niente, con la solita tiritera di prestiti e ritorni a casa, di fronte ad allenatori che non sapevano come sfruttarne le qualità. Nel 2009, sempre a maggio, l'ultima illusione, con un paio di presenze ancora nel Cagliari, quindi l'oblio. Suo, non di un Mancosu. Perché mentre Marco si sbatte in serie C, suo fratello Marco, di quattro anni più vecchio (1984), si mette in evidenza come attaccante potente e prolifico a Trapani. Prestazioni che gli valgono una chance in serie A, dove si affaccia nel 2015 a oltre trentun anni, prima nel Bologna, con cui ha conquistato la promozione, poi nella breve comparsata del Carpi. Quindi il trasferimento in Canada, nel Montreal Impact, club che appartiene a Joey Saputo, presidente dei rossoblù.

 

E Marco? Viaggia tra Siracusa, Benevento e Caserta. Di lui si parla il 27 aprile 2014, giorno in cui realizza il gol della vittoria del Benevento sul Viareggio. Lo stesso fanno Matteo, a segno nel Trapani con la Juve Stabia, e Marcello, il più piccolo dei tre Mancosu - anch'egli nato a quattro anni di distanza dal precedente -, in rete con il Pavia contro la Pro Patria. Il giudizio sul Mancosu di mezzo non è mai mutato, tutti lo considerano sempre bravo, il più talentuoso di famiglia, però manca quella scintilla che faccia scoccare la fiamma definitiva. Un problema di ruolo, come scoprono a Lecce nel 2016. Meglio, lo scopre Fabio Liverani, in panchina dal 2017, che da mezzala lo piazza trequartista fisso. Per Mancosu è una rivelazione copernicana, in quella porzione di campo fa valere la sua tecnica unita al senso del tempo negli inserimenti offensivi, alla base dei 7 gol per la promozione in B, che si trasformano in 13 la scorsa annata, quella del ritorno in serie A. Davanti a lui solo Andrea La Mantia, con 17 reti, ma nel ruolo di attaccante puro.

 

Qualità che Mancosu ripropone oggi in una categoria ritrovata dopo una decade. Liverani lo piazza alle spalle di Gianluca Lapadula e Khouma Babacar, gente pesante e tosta, che non ha paura di niente. Quella che ci vuole per una squadra che lotta per la salvezza e per dare una possibilità a chi possiede qualcosa in più nella sensibilità di piede. Come Mancosu, per l'appunto. Domenica ha realizzato la sesta rete personale in campionato, buttandosi in area in maniera rapinosa per anticipare il difensore avversario con senso del tempo. Una rete non banale, quella dell'1-1 contro un'Inter che sembrava appena aver individuato il bandolo della matassa da sciogliere. Mancosu è stato democratico, visto che aveva firmato l'1-1 anche contro la Juventus (su rigore, quella volta), ma la prodezza nell'ultima di campionato pare aver minato alcune delle certezze del leccese Antonio Conte. Una rivincita per Mancosu e per tutti quei giocatori destinati ad anni di gavetta nelle categorie inferiori, in attesa di una opportunità che non si sa mai se potrà diventare tale. Campionati in cui è tornato il fratello maggiore Matteo, dopo l'esperienza nella Major League Soccer e oggi all'Entella, riportata la passata stagione in serie B. Campionati da cui invece si è sfilato il più piccolo dei tre. Marcello è tornato sull'isola a gennaio di un anno fa per ripartire dai Dilettanti. Subito una promozione nello stesso anno con i fratelli, conquistando l'Eccellenza nel San Marco Assemini, e il pallone da condividere con le attività di commesso e barista, tifando per i più grandi di famiglia. Si può essere felici anche così.

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