Ciro Immobile e Andrea Belotti insossano il kit di allenamento, verde, della Nazionale (foto LaPresse)

La nuova battaglia sovranista: il complotto delle magliette

Riccardo Bianchi

“Vogliono farci diventare il Senegal o la Nigeria”, “vogliono distruggere l’identità nazionale”. Sui social la rivolta contro la maglia celebrativa (verde) della Nazionale di calcio

La nuova battaglia sovranista sui social passa per un argomento importante per il destino del paese: il complotto delle t-shirt. Tutto nasce dalla terza maglia celebrativa della Nazionale italiana di calcio. È verde e ha lo scudetto dorato, e questo già è bastato per gridare allo scandalo e alla “cancellazione dell'identità”. Poi sono uscite le immagini della campagna di Puma, lo sponsor tecnico della squadra. Apriti cielo, ci sono addirittura dei modelli di colore.

   

 

Mentre Puma e la Federazione lanciavano la novità e le pagine degli appassionati di tutto il mondo commentavano con entusiastici “Absolutely Fantastico, right?” (The Kitsman) o più scettici “non posso dire di esserne un fan, voi?” (Football Tips), in Italia è partita la carica del sovranismo social che l'ha scelta come come obiettivo contro cui mobilitarsi. Almenao fino alla partita con la Grecia del 12 ottobre, unica volta in cui la maglia sarà usata.

 

Tra i nostri connazionali, stilisti per un giorno, c'è chi ironizza sui “tipici italiani”. Ma c'è anche chi si spinge oltre. Alcuni siti noti nella galassia sovranista definiscono il video di presentazione “video di propaganda”, “solito spot multiculturale”, “pagliacciata mondialista”.

 

Il presidente della Figc, Gabriele Gavrina, ha provato a spiegare che il verde damascato è un omaggio al Rinascimento italiano, inteso come periodo storico di grande bellezza e come sforzo della Nazionale per rinascere dopo momenti difficili, spinta dai nuovi giovani. I commenti all'iniziativa, però, sono perle di complottismo. “Nulla avviene per caso. il disegno è chiarissimo. Siete tutti asserviti ad uno schema generale e profondo, diabolico e terrificante. Distruggere l’identità nazionale del popolo”. C'è chi teme di diventare il Senegal o la Nigeria. “I geni sono coloro che sperano di sostituirci presto con nigeriani e affini; intanto cominciano dai nostri simboli a cui siamo più affezionati tipo la maglia AZZURRA dell'Italia! #FuckEUdictatorship” (che un attacco all'Unione Europea effettivamente mancava). E chi addirittura parla di “reato di vilipendio della bandiera”.

 

La catena è arrivata anche nei piccoli gruppi locali su Facebook, megafono delle polemiche nazionali. Per esempio, su “Sei di Pavia se” un utente (ultimamente molto attivo, dopo la caduta del governo gialloverde) ha subito segnalato che “Ovviamente, per presentare l'intera linea, non si sono trovati modelli italiani. Il piano di disintegrazione della nostra identità continua senza vergogna”.

Ma c'è pure chi si è buttato in campagne di boicottaggio sfruttando hashtag che già viaggiavano, come #BoycottPuma. Peccato che non si siano informati che quella campagna è stata lanciata da attivisti di sinistra pro-Palestina per il fatto che Puma sia lo sponsor tecnico di Israele. Insomma, hanno sbagliato causa e pure area politica.

 

Poco importa se quasi nessuno sa che l'azzurro nasce dal colore dei Savoia, proprio del loro casato, e niente aveva a che fare con l'Italia in sé. Poco importa anche che si tratti solo di una maglia celebrativa, che ricorda una già usata in passato, o che il verde sia stato il colore ufficiale dell'Under 21 per anni.

 

“Ho letto anche di utenti che hanno collegato il verde a Greta Thunberg e a un complotto per far passare temi ambientalisti”, racconta Fabio Pisanu, fondatore di Football Nerds, la community più nota in Italia di appassionati di scarpe, maglie e kit di calcio. “È il solito polemismo all'italiana: nessuno sa niente, né si informa, ma dice la sua, più o meno in malafede. Con la complicità di alcuni media più tradizionali, fin da subito si è svilito un lavoro di design di esperti che da anni provano in tutto il mondo a vedere il calcio e lo sport come medium di messaggi”.

“Se la maglia parla di Rinascimento - prosegue -, i commenti sono da Medioevo. È innovativa perché ha una storia da raccontare, l'Italia non ha mai fatto cose così, è un inizio e nel mondo nessuno ci ha visto complotti etnici. La scelta del Rinascimento parte dall'idea di rinascere dalle ceneri, dal fallimento della mancata qualificazione al Mondiale di Russia 2018, e allo stesso tempo un'esaltazione di quei tessuti, di quell'arte che hanno portato l'Italia a rifiorire in quel periodo storico”.

 

E proprio mentre in Italia esplode il caso e Puma risponde su Instagram raccogliendo i commenti positivi da tutto il mondo, in Inghilterra Nike ha lanciato una maglia speciale nera per la nazionale per ricordare il Black History Month (il mese della storia dei neri). Questa sì ha un messaggio legato alle etnie, e Nike l'ha pure spiegato e si è schierata apertamente. D'altronde lo fa ogni anno, ma non è partita nessuna polemica. A quanto pare, i sovranisti inglesi non hanno ancora compreso il pericolo del complotto delle t-shirt.

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