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il foglio sportivo

Il nuovo bivio di Sebastian Vettel

Che il pilota della Ferrari sia in difficoltà è un fatto, che continui la sua discesa agli inferi è una supposizione. C’è però il sospetto che sul tedesco esista un pregiudizio: ha vinto più di quanti fossero i suoi meriti

Nemmeno se fosse candidato al Premio Nobel per la pace Sebastian Vettel potrebbe sinceramente godere dei successi di Charles Leclerc. Esiste un limite umano anche alla concordia, e siccome il tedesco è per certo persona a modo, è comprensibile che stia rosicando assai. Il tema ora si è spostato. Il monegasco ha i quarti di nobiltà per far sperare in un lungo e possibilmente felice matrimonio con la Ferrari. Vettel invece rischia di infilarsi in una galleria senza vento e poco illuminata. Ha ancora un anno di contratto e se lo rispettasse senza togliersi di dosso la scimmia che da un anno gli fa compagnia sarebbero, per l’azienda, oggettivamente soldi (tanti) spesi male. Ci sono sette colli da scalare per lui prima di chiudere una stagione dove è ragionevole pensare che Leclerc faccia più punti. Come quando nel 2014 il canguro Ricciardo si impose nel suo ultimo anno alla Red Bull. Già lì, dopo che nel 2013 il biondino aveva vinto 9 GP di fila e 13 complessivi, qualcuno a mezza bocca aveva iniziato a sospettare che su quell’astronave disegnata da Adrian Newey avrebbe vinto chiunque. Teoria che non è stata riservata in passato e in futuro ad altri ultra-vincitori seriali. C’è il sospetto che su Vettel esista un pregiudizio che suona più o meno così: ha vinto più di quanti fossero i suoi meriti. Cosa peraltro indimostrabile.

 

Oggi il suo Zoncolan non è solo Leclerc che va come un missile. È anche la tagliola dei “punti-patente” che gli sono stati decurtati (ne ha già bruciati 9 su 12 per penalità, alla prossima scatta la squalifica per una gara. E sarebbe come prendere un diretto da Tyson quando era Tyson).

 

Non bastasse questo, c’è una marea di scetticismo che lo circonda anche per la prossima stagione. Ha senso per lui rimanere in Ferrari a fare il secondo di Leclerc? E ha senso che la Rossa paghi così tanto un pilota in declino? Intendiamoci bene. Che sia la situazione di questo finale di stagione e della prossima è ancora tutto da vedere. Che Vettel sia in difficoltà è un fatto, che continui la sua discesa agli inferi è una supposizione. Malevola. È vero che il sorpasso di Leclerc nei suoi confronti ha tutta l’aria di essere definitivo e che Sebastian sembra troppo sensibile dal punto di vista umano per non riempirsi la testa di domande e così facendo imbruttirsi come gli è accaduto alla Ascari due settimane fa. Ma esiste una nemmeno tanto remota possibilità che le cose comincino a tornare a girargli bene.

 

I casi sono due. O lui sta pagando con gli interessi il quadriennio mondiale 2010-2013 oppure presto o tardi rivedremo il Vettel che dopo Spa 2018 sembra diventato un ricordo. L’azienda sembra essergli vicina. Per convinzione e per interesse. Non conviene a nessuno un 2020 da carrello dei bolliti. C’è però un alleato per entrambe le parti. Gli anglofoni lo chiamano TINA. È l’acronimo di There Is No Alternative. Vettel non ha una sola via d’uscita. Tutti i sedili di livello sono già occupati e se non se la sentisse più di stare in Ferrari potrebbe fare il beau geste e salutare Maranello con un anno di anticipo. Dovrebbe però star fermo una stagione, rischiando l’oblio degli altri nei suoi confronti ma soprattutto di incanutirsi guardando il proprio telefonino che non squilla più. La Ferrari avrebbe un “problema” (posto che lo viva così) in meno nel bilancio ma dovrebbe trovare in fretta un valletto di Leclerc. Quelli dell’Academy non sono ancora pronti, un Hulkenberg o un Perez magari si possono rimediare ma parliamo di briscole non vestite e significherebbe andar dietro alla Mercedes nella tesi di: “Un grande pilota e un cavalier servente”. È anche vero che è stato lo stesso Mattia Binotto a ricordare che quando Schumacher dominava accanto a lui c’erano piloti molto inferiori. Che sia un indizio?