Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti, durante la recente conferenza stampa sulle Olimpiadi che nel 2026 si te

Il Foglio sportivo

Fare squadra per cambiare lo sport

Umberto Zapelloni

Coni e politica prendano esempio dalle nostre Nazionali e ripensino la riforma che non piace al Cio

L’Italia sa ancora giocare di squadra. Eppure non si direbbe a guardare i palazzi del potere politico. È tutto un litigio. Una rottura. Una resa dei conti. Anche nel mondo dello sport, dove giocando di squadra abbiamo conquistato l’organizzazione delle Olimpiadi invernali a Milano e Cortina, più che volare gli stracci, volano le minacce e le parole, accompagnate pure da una lettera ufficiale del Cio che non sarà stata firmata personalmente dal presidente Bach, ma fa comunque male. Giocando di squadra l’Italia si è già portata a casa l’organizzazione dell’Europeo Under 21, la Ryder Cup di golf 2022, i Mondiali di sci a Cortina 2021, quattro partite dell’Europeo di calcio 2020, un girone dell’Eurobasket 2021, i Mondiali di biathlon 2020 ad Anterselva, le Atp Finals di tennis a Torino dal 2021 al 2025. Come organizzatore di eventi siamo un paese che ha ancora una grande appeal. Perché al momento buono sappiamo giocare di squadra…

 

 

La conferma arriva dai campi. A un anno da Tokyo abbiamo già quattro Nazionali qualificate per le Olimpiadi, come a Rio e Londra. Pallanuoto maschile, pallavolo maschile e femminile e softball hanno conquistato il loro visto a Cinque Cerchi. Nonostante la bocciatura del calcio (assente da Pechino 2008) e quella del basket femminile, siamo ben messi perché ancora in corsa con il basket maschile, la pallanuoto femminile (argento a Rio), il baseball e l’hockey prato femminile. A un passo dai Giochi ci sarebbe anche il 3 contro 3 di basket femminile, ma il Cio non lo considera un team event…

 

Il record di squadre iscritte ai Giochi risale ad Atene 2004: otto, una in più di quattro anni prima a Sydney. Dalla Grecia portammo a casa quattro medaglie di squadra: l’oro nella pallanuoto femminile, l’argento nel basket e nella pallavolo maschili, il bronzo addirittura nel calcio. Un’edizione trionfale quella in cui Jury Chechi fece da portabandiera, conclusasi addirittura in tripla doppia: 10 ori, 11 argenti, 11 bronzi. La terza di fila con più di trenta medaglie al collo dopo Atlanta (13-10-12) e Sydney (13-8-13). Un raccolto che non abbiamo più incassato a Pechino (27), Londra (28) e Rio (28). I pass olimpici per le squadre si sono diradati, l’Europa si è allargata, la concorrenza moltiplicata, la geopolitica non ha più premiato le squadre del Vecchio Continente. Nonostante tutto, la pallavolo porta le sue due squadre ai Giochi ininterrottamente da Sydney 2000: fanno sei edizioni consecutive compresa quella di Tokyo del prossimo anno, con la Nazionale maschile che non manca da Montreal 1976 per essere precisi. E non sono state partecipazioni passate inosservate: tre argenti (1996, 2004 e 2016) e tre bronzi (1984, 2000 e 2012). Manca un oro, come manca una medaglia delle ragazze. Ma il filone è decisamente interessante. Anche se non dorato come quello della pallanuoto che ha conquistato i Giochi tre volte: 1948, 1960 e 1992, oltre a 2 argenti e 3 bronzi con la maschile e una volta (2004) con le ragazze, d’argento poi anche a Rio.

 

Sembrano quasi Olimpiadi di matematica, ma sono numeri che servono a pesare l’orgoglio delle nostre squadre. Quelle maglie azzurre, elegantemente griffate Armani, che ci fanno battere forte il cuore come dice uno slogan pubblicitario. Il segreto sono federazioni efficienti, tecnici ben preparati, giocatori di talento e con la voglia di emergere perché sanno benissimo che il podio olimpico per loro è una grandissima occasione. Unica, irripetibile. I ragazzi di Blengini lo sanno e non lo nascondono, anche se prima di arrivare a Tokyo, proveranno a conquistare l’Europa a settembre. A fine estate la pallavolo cercherà la medaglia e il basket, lo sport di squadra più in crisi d’astinenza di risultati, andrà a caccia di un’impresa quasi impossibile, conquistare il pass olimpico ai Mondiali cinesi. Il basket manca la qualificazione da Atene, anno in cui portò a casa un argento fantastico. Clamoroso è stato il fallimento di tre anni fa, quando perse contro la Croazia il preolimpico organizzato (con grande investimento federale) a Torino. Con Sacchetti in panchina e i ragazzi della Nba e dell’Eurolega in campo ci riproverà un’altra volta. La nostra generazione di fenomeni deve battere un colpo, lasciare un segno come fece 20 anni fa una squadra meno talentuosa, ma dal cuore immenso.

 

Guardando gli stadi, i palazzetti, le palestre il nostro sport di vertice non sembra poi messo così male. Facciamo squadra e lo facciamo bene, ma in questa lunga estate azzurra non dimentichiamo i ragazzi (e le ragazze) del nuoto e del ciclismo. Eppure lo sport azzurro è nell’occhio del ciclone. Nel mirino del governo (fin che dura) e sotto osservazione dal Cio che non permette ingerenze politiche nei comitati olimpici nazionali. I risultati di vertice sconsiglierebbero terremoti, ma lo sport di base ha bisogno di ossigeno. Con un po’ di dialogo e di buonsenso si possono smussare gli angoli, i decreti applicativi possono migliorare una legge che vista così ha effettivamente un profilo un po’ strano, riservando la combinazione della cassaforte alla politica. E’ mai possibile che tutto il buonsenso sia stato esaurito negli abbracci di Losanna dopo la conquista di Milano-Cortina? Dai ragazzi, facciamo squadra. Lo sappiamo fare.

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