Monte Carlo, Italia

È il pellegrinaggio tennistico del nord Italia quello verso il Monte Carlo Rolex Masters

Stefano Priarone

È il pellegrinaggio tennistico del nord Italia. La terza settimana di aprile, se si abita nel nordovest (ma anche in Toscana o Emilia) ci si alza all’alba e si va a vedere il torneo di Monte Carlo, uno dei nove Masters 1000, i tornei di tennis appena sotto quelli del Grande Slam. Anche Roma ne fa parte, ma Roma è più lontana, andare e venire in un giorno, da soli o, nei pullman organizzati dalle scuole tennis, è molto più difficile dal nord Italia. Come facciamo da anni, ci siamo andati mercoledì. Ci sono gli incontri conclusivi del secondo turno del torneo, dove in genere scendono in campo i big. Leopoldo, 49 anni, maestro di tennis, è dalla metà degli anni Novanta che accompagna a vedere il torneo allievi della sua scuola tennis e appassionati di ogni età. “È un’occasione per far conoscere il grande tennis dal vivo: è una bella esperienza, specie per chi non li ha mai visti, guardare i grandi campioni mentre giocano o si allenano”, dice al Foglio. “Una volta c’erano più opportunità, c’era Milano che era un grande torneo indoor, con campioni come Lendl, Ivanisevic, Becker, lo stesso Federer ha vinto il primo torneo (di oltre cento) proprio a Milano nel 2001 (e io c’ero a vederlo), c’era Genova che era un ottimo Atp. Ma Monte Carlo è di categoria superiore”. Leopoldo ha tanti ricordi, tennistici e non, di questi suoi viaggi. “Ho visto nel 2003 un Rafa Nadal sedicenne massacrare in allenamento Max Mirnyi, all’epoca molto quotato. A fine anni Novanta ho assistito all’allenamento di tre numeri uno: Andre Agassi, Thomas Muster e Jim Courier”. Nel corso degli anni l’appeal del torneo è salito moltissimo. Ancora a metà del decennio scorso era possibile andare allo sbaraglio e fare il biglietto sul posto, adesso c’è il tutto esaurito da gennaio. E c’era un biglietto unico, ora abbiamo quello per il campo centrale (Ranieri III) o per il campo numero uno (Campo dei Principi), con uno o l’altro si può andare nei campi minori. In genere i veri appassionati preferiscono la seconda tipologia di biglietto, gli incontri si vedono più da vicino.

 

“Il mio ideale è il campo numero 2, se hai fortuna riesci a metterti in prima fila” dice al Foglio Luca, 42 anni, fan e tennista praticante. “Ma anche il Campo dei Principi va bene, se non sei troppo indietro, il centrale è troppo grosso, se non hai i primi posti per me è quasi come vedere il tennis in tv.”

 

Ci accoglie una splendida giornata di sole. Gli incontri iniziano alle 11, si entra per le 10 e vedere i campi vuoti e gli stand quasi deserti, sapendo la fiumana umana che a breve li popolerà, dà una strana sensazione: se, come me, si è appassionati anche di fumetti, non si può non pensare ai padiglioni di Lucca Comics alle otto del mattino.

 

Le vendite di libri, giornali e fumetti calano, anche gli indici di ascolto del tennis sono scesi, ma gli eventi sono sempre più frequentati, siano tornei di tennis, Lucca Comics o Salone del Libro di Torino.

 

D’altra parte, come a Lucca Comics non tutti gli spettatori sono fan. Silvia, 38 anni, è a Monte Carlo ad accompagnare il fidanzato. “Conoscevo poco il tennis, ma questo evento mi sta piacendo moltissimo”, dice al Foglio. “Ho visto Nadal dal vivo, ma quello che mi piace di più è girare per gli stand o vedere gli allenamenti: ho riconosciuto io Flavia Pennetta che aveva raggiunto il marito Fabio Fognini che si allenava, non il mio fidanzato!”. L’attuale numero due d’Italia (il primo è Marco Cecchinato), di Arma di Taggia, a due passi da Montecarlo, si allena perché il suo avversario Gilles Simon ha dato forfait e è si è quindi qualificato direttamente per gli ottavi, dove batterà Zverev in due set. Tanti ragazzini girano con enormi palle da tennis (le vendono negli stand) per farsele firmare dai tennisti, anche se la caccia non sempre dà buoni risultati. C’è una piccola folla al mattino per vedere Nadal che si allena con Carlos Moya, un ragazzino si mette a inseguire un tipo che da dietro sembra il numero tre del mondo Alexander Zverev: falso allarme. Per certi versi il tennis è ancora indietro: Patrick Mouratoglou, già grande coach di Serena Williams, gira ignorato da tutti: gli allenatori non sono delle star come quelli del calcio. Philippe, 13 anni, lo ignora però a ragion veduta. È ormai al sesto Montecarlo, il primo da solo, in passato lo accompagnava il padre, grande appassionato. “Ho il suo autografo, come ho quelli di Nadal, Djokovic, Fognini, Dimitrov, Cilic, Seppi e del mio idolo Thiem”, racconta. Non sono solo i ragazzini a essere nerd tennistici, però.

 

Marco, ingegnere trentenne, si è fatto fare l’autografo da Nadal sulla palla grossa, ne ruba una normale durante l’allenamento di Fognini che fa firmare dal campione svizzero Stan Wawrinka (per lui l’autografo di Rafa deve restare da solo come merita).

 

Ci sono anche i non nerd tennistici. “A me lo sport è sempre piaciuto più praticarlo”, dice al Foglio Paolo, 42 anni, presidente di una piccola società sportiva. “Mentre però una partita di calcio la posso seguire fino alla fine, sia di campionato, Champions o mondiali, una di tennis la riesco a vedere solo a sprazzi. Certo, guardo i colpi, la strategia di gioco, ma sia in tv che dal vivo dopo un po’ mi annoio. Qui a Monte Carlo alterno la visione dei match a giri fra gli stand, ho appena acquistato corde nuove per la mia racchetta (me la incordo da solo)”. L’arrivo del pullman è poco prima delle 21. Si torna nel nord Italia. Questa sera c’è la Champions League. Ma con il tennis non c’entra niente.

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