L'autolesionismo da Champions di Inter e Roma

Le squadra di Spalletti, sconfitta dalla Lazio, e quella di Ranieri, travolta dal Napoli, sono naufragate senza possibilità di giustificazione

Leo Lombardi

Una domenica di ordinaria follia, con vista Champions League. Una domenica in cui un allenatore (Luciano Spalletti) ha capito di essere sul punto di giungere al capolinea e un altro (Claudio Ranieri) ha appreso come lavorare nel posto del cuore non ti esenta da difficoltà e delusioni profonde. Inter e Roma avevano la possibilità di fare un passo avanti decisivo all'interno delle prime quattro posizioni che ti garantiscono l'accesso alla cosiddetta Europa che conta. All'ammissione in quella Champions che, visto lo strapotere della Juventus in chiave scudetto, è diventato l'unico obiettivo che conti realmente, per i soldi che dispensa a chi riesce almeno ad arrivare agli ottavi di finale. Tutto (de)merito del Milan e di Gigio Donnarumma, tornato in versione distrattamente sciagurata in occasione del gol che ha regalato la vittoria alla Sampdoria, riaprendo i giochi alle spalle della capolista. Invece niente. Inter e Roma sono naufragate senza possibilità di giustificazione, caduta in casa la prima contro la Lazio e travolta la seconda, sempre in casa, dal Napoli. Figuracce da mandare a memoria, come sono da mandare a memoria gli sfoghi successivi.

 

Quello di Spalletti, innanzitutto. Con obiettivo Mauro Icardi, tanto per non perdere le sane abitudini. Un nome e un cognome che infiammano il tecnico già in situazioni normali, figurarsi dopo aver perso a San Siro contro una diretta rivale, che ha ancora una partita da recuperare contro l'Udinese. Evocare l'argentino ha il potere di sventolare il classico drappo rosso di fronte a un toro. E la reazione di Spalletti è stata piccata nei confronti di chi gli chiedeva i perché di un'esclusione dopo che tutto sembrava essere rientrato dopo la ribellione dell'ex capitano. Una difesa del gruppo (“Per come si è comportato Icardi deve stare fuori”), una difesa della propria carriera (“All'interno di uno spogliatoio bisogna avere credibilità, io ce l'ho da ventidue anni con i miei giocatori”), una difesa del proprio operato (“Icardi è qui da anni, quante volte l'Inter non è andata in Champions? La differenza la fanno Ronaldo e Messi, non lui”). Parole che possono condurre alla rottura definitiva, scombinando la tessitura della società nei giorni passati per ricomporre l'incidente. Parole che, soprattutto, tolgono a Spalletti la rete da sotto il trapezio su cui sta volteggiando: se l'Inter mancasse l'obiettivo qualificazione Champions, diventerebbe l'unico responsabile dell'ultimo fallimento nell'annata. Mentre Antonio Conte, cui hanno sfilato da sotto il naso la panchina del Manchester United che tanto interessava, da tempo scalda i motori e José Mourinho sogna un ritorno nerazzurro.

  

Ranieri, poi. Non tanto lui, con i tentennamenti nelle scelte degli uomini da schierare e del modo in cui farlo, quanto, piuttosto, la proprietà. James Pallotta tuona da lontano, se la prende con giocatori “senza palle” dopo averli visti incassare quattro reti dal Napoli in maniera umiliante, sul piano del gioco e della determinazione.

 

 

Parole logiche, ma che sottolineano ulteriormente l'inadeguatezza della proprietà a stelle&strisce del club giallorosso. Non andiamo a rinvangare passati remoti, stiamo al presente. Al presente di una società che prima ha cacciato un allenatore (Eusebio Di Francesco) per sostituirlo con uno (Ranieri) cui ha fatto sottoscrivere sei mesi appena di contatto e che, pochi giorni dopo, si è separata da un direttore sportivo (Monchi), con cui avrebbe dovuto costruire un futuro, per affidarsi a una soluzione interna (Ricky Massara), alla prima esperienza di responsabilità personale. Dopo scelte simili - per tempistica, profili e prospettiva - che garanzie si danno alla piazza e, soprattutto, alla squadra? Quella di una navigazione a vista, con il povero Francesco Totti a fare da madonna peregrina portata in giro per il mondo. “Dura allenare la Roma”, si è lasciato scappare un romano e romanista a tutto tondo come Ranieri. Nelle prossime giornate lo sarà ancora di più, se non si troveranno situazioni adeguate che evitino una possibile “balcanizzazione” dello spogliatoio. E poi siamo qui a domandarci perché da otto anni la Juventus non abbia rivali all'altezza in Italia.

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