Tifosi del Pordenone (foto LaPresse)

Pordenone, c'è vita oltre la Coppa Italia

Leo Lombardi

Nel 2017 la storica sfida negli ottavi con l'Inter a San Siro (vinta dai nerazzurri solo ai rigori). Oggi la squadra, allenata da Tesser, comanda in serie C e sogna la promozione

L'Italia calcistica ha scoperto Pordenone il 12 dicembre 2017, quasi cent'anni dopo la nascita della società. Gli ottavi di finale di Coppa Italia contro l'Inter come occasione: affascina sempre una squadra di serie C che sfida una grande. Fino a quel momento la maggioranza delle persone ignorava che ci fosse calcio anche da quelle parti, con un'esperienza limitata all'Udinese per il versante friulano e alla Triestina per quello giuliano. Un vuoto colmato grazie ai responsabili della comunicazione social, autori di una campagna originale, martellante e autoironica in vista del match (come un “Mai in serie B” valido per entrambi) e di una partita tirata sul campo, di fronte a 4.000 tifosi friulani giunti a San Siro per l'occasione storica. Uno 0-0 fino ai supplementari, poi deciso a favore dei nerazzurri dopo quattordici rigori. Un evento ricordato un anno dopo dal Pordenone su internet con un'intervista dissacrante a Yuto Nagatomo, autore del penalty decisivo.

 

Sul campo, al contrario, i friulani sono seri, serissimi. Quest'anno hanno aggredito la serie C fin dalla prima giornata, conquistando la prima posizione proprio a dicembre, quasi a celebrare la notte di San Siro. Un cammino che corrisponde al piano di lavoro stilato dal presidente Mauro Lovisa, che del Pordenone era stato giocatore da 47 gol e che della società è il numero uno da undici anni. Il suo è un progetto pensato a 360 gradi, per una crescita progressiva di club, squadra a strutture. Il fiore all'occhiello è il centro sportivo comunale intitolato a Bruno De Marchi, unico arbitro della provincia a raggiungere la serie A, e in cui il presidente del Pordenone si è impegnato in prima persona per il rilancio. Oggi vi si allena la prima squadra e vi giocano le squadre del settore giovanile. Il prossimo passo legato all'impiantistica sarà lo stadio. Il Pordenone gioca all'Ottavo Bottecchia in deroga, in una struttura (come si intuisce dal nome) in cui il ciclismo è stato lo sport di riferimento. Infatti le tribune sono solo due, una di fronte all'altra, perché intorno al campo di gioco si snoda l'ingombrante anello del velodromo. L'idea è quella di un nuovo stadio, con la Dacia Arena della vicina Udine quale modello.

 

Uno stadio nuovo che servirà soprattutto se il calcio farà un ulteriore passo in avanti, raggiungendo la serie B di cui sopra. Il pallone da quelle parti non ha mai vissuto grandi momenti di splendore. La gloria è stato Gianfranco Zigoni, attaccante geniale e incostante transitato dalla Juventus nella seconda metà degli anni Sessanta. La curiosità è stato Evaristo Beccalossi, transitato a Pordenone nella stagione 1989-90, nel pieno della crisi sportiva della società: era retrocessa dalla C2 nel 1989, con l'ex regista nerazzurro arriva ultima in Interregionale e retrocede in Prima Categoria nel 1991. Il punto più basso della storia sportiva recente, bissato nel 2003 da quello societario, con l'esclusione dalla C2 per ragioni economiche.

 

Con la gestione di Lovisa questi affanni sono alle spalle. Meglio: ce ne è stato uno solo, con la retrocessione nel 2015 dalla serie C appena ritrovata. Una stagione segnata dalla gestione di ben quattro allenatori e salvata da un ripescaggio. Un errore tecnico non più ripetuto e oggi il Pordenone ha scelto l'esperienza, quella rappresentata da Attilio Tesser, transitato nella vicina Udine come storico terzino sinistro. Lui conosce bene la categoria, vinta due volte con Novara e Cremonese. Soprattutto conosce bene queste zone ed è stato rassicurato sulle idee che girano a Pordenone, in cui si vuole curare i giovani, proporre bel calcio e, possibilmente, vincere. Perché c'è vita oltre alla Coppa Italia.

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