Il momento di Gordon Banks

Il portiere della Nazionale inglese campione del mondo nel 1966 è morto oggi a ottantun anni. Nel 1970 salvò l'Inghilterra da Pelé: è la parata più bella della storia del calcio

Giovanni Battistuzzi

Alla dodicesima palla che aveva recuperato dal fondo della rete i suoi sogni svanirono del tutto. Si sentì vuoto, schiaffeggiato dalla realtà. Era sicuro soltanto di una cosa: non avrebbe fatto più il portiere, probabilmente avrebbe smesso di giocare pure a calcio. E quando l'arbitro fischiò tre volte, non guardò neppure quelle tre panche in legno che fungevano da spalti, ignorò quel signore distinto col cappello a tese larghe e si avviò mesto verso gli spogliatoi. Gli avevano detto di farsi onore, che quel giorno ci sarebbe stato un'osservatore di una squadra importante. Aveva fatto due buone parate, poi, quando si accorse che quello che gli avevano detto era tutto vero, sbagliò tutto quello che poteva sbagliare. Aveva quindici anni e si autoconvinse che non c'era niente di male a continuare a fare il muratore. Sarebbe stato quello il suo destino, altro che la numero uno della Nazionale. Quando si sentì chiamare all'uscita delle docce, si mise sulla difensiva, strinse i pugni e si preparò a usarli contro l'aggressore. Era già successo che i ragazzi più grandi avessero teso un agguato ai compagni dopo una disfatta, non voleva farsi trovare impreparato.

 

Davanti a lui però non c'era nessun ragazzo, solo quell'uomo distinto col cappello a tese larghe. "Mi chiamo Allen Pringle. Oggi è andata male, martedì vedi di fare meglio". Martedì? "Sì. Fai un salto al campo d'allenamento". Un provino. Al Chesterfield, poi, mica una squadretta, Second Division. Certo non era lo Sheffield Wednesday e neppure lo United, ma era sempre meglio dei dilettanti dello Millspaugh Steelworks.

 

L'allenatore guardò Pringle dopo che il ragazzo si allontanò da loro per mettersi tra i pali. "E' uno scherzo? Ti avevo chiesto un portiere, non un indio con la gobba". L'uomo distinto con il cappello a tese larghe rimase in silenzio, poi sbuffò: "Ti ho portato quello che diventerà il miglior portiere della storia del Regno. Si chiama Gordon Banks e tu questo nome non lo dimenticherai mai".

 

Il nome dell'allenatore delle giovanili degli Spireites non lo ricorda nessuno. Quello di Gordon Banks invece è rimasto incastonato in un momento preciso, in un giorno e in un'ora che sono rimasti per sempre suoi. Erano le 12,18 del 7 giugno 1970, quando all'Estadio Jalisco di Guadalajara, Jairzinho fa quello che sa fare meglio, ossia scattare sulla destra, superare il marcatore e crossare al centro. La palla si alza morbida verso il centro dell'area di rigore dell'Inghilterra. La difesa dei Leoni è mal posizionata, Tommy Wright salta ma non riesce a intercettare la sfera, che riesce con balzo da pantera a colpire Pelé. L'attaccante brasiliano schiaccia al suolo di testa il pallone. La zuccata è potente, indirizzata sul palo più lontano da un metro e mezzo, gol sicuro. O così sembra a tutti. Lo stadio urla, gioisce e lo stesso fa il numero dieci brasiliano. Ma una frazione di secondo. Perché un'ombra si trasforma in presenza, un uomo si fa lampo, una mano muro. Gordon Banks si lancia all'indietro verso il palo alla sua destra e riesce a toccare il pallone, alzarlo oltre la traversa, ricacciare in gola l'urlo a settantamila persone.

 

 

Pelé rimase sbigottito, incredulo, immobile. Anni dopo disse che "in quel momento odiavo Banks più di qualsiasi uomo al mondo". Aveva visto quello che nessuno poteva immaginare, la parata più bella della storia della storia. "Quando mi sono calmato ho potuto solo applaudirlo nel mio cuore: è stato il più grande salvataggio che abbia mai visto".

 

Quel momento, quel giorno e quell'ora diventati solo suoi, se li è portati via oggi. Gordon Banks è morto questa mattina a 81 anni, stroncato da un tumore al rene contro cui stava lottando da anni. "È con grande tristezza che annunciamo che Gordon è morto pacificamente da un giorno all'altro", ha detto la famiglia di Banks in una dichiarazione riportata dal sito web del suo ex club Stoke City. "Siamo devastati per averlo perso, ma abbiamo tanti ricordi felici e non avrebbe potuto essere più orgoglioso di lui".

 

"Sono devastato, oggi ho perso il mio eroe", ha tuittato Peter Shilton, l'estremo difensore che sostituì Banks tra i pali dell'Inghilterra dopo l'incidente che gli fece perdere un occhio nel 1973.

 

 

Un'eroe per molte generazioni di numeri uno inglesi. Un modello per migliaia di portieri che avevano osservato Banks parare e rivoluzionare il ruolo. Perché se Yashin fu per tutti il Ragno nero, il migliore della storia, senz'altro il più forte tra i pali, Gordon fu l'estremo difensore che iniziò a occupare l'area di rigore. "Giocava uno o due passi avanti la linea di porta, usciva a raccogliere il pallone dove solitamente i portieri non si avventuravano", ricordò nel 1992 alla Bbc lo stesso Shilton. "Fu un innovatore e a lui noi tutti dobbiamo rendere grazie per l'insegnamento".

 

Quando il 19 dicembre 1992 France Football assegnò il Pallone d'oro a Marco Van Basten, Peter Schmeichel, il numero uno della Danimarca campione d'Europa fece l'eco a quanto dichiarato pochi mesi prima l'inglese. "Hanno premiato Marco? Che posso dire...non l'hanno dato a Banks, non è uno scandalo se non l'hanno dato a me". Il danese era da un anno e mezzo che giocava in Inghilterra. C'era andato perché per uno che parava al Brøndby non si può dire di no al Manchester United, soprattutto perché era cresciuto con un solo modello a cui aspirare: Gordon Banks. "Ne sentivo parlare da mio padre e mio zio come un santo, come l'uomo dei miracoli. Credo che finii in porta forse per dimostrare loro che anch'io valevo qualcosa, che anch'io potevo meritare la loro stima".

 

Gordon Banks fu "the Banks of England", il portiere che alzò la Coppa del Mondo del 1966, quella alzata al cielo davanti alla Regina. Gordon Banks fu musica, un giro di basso di Roger Waters in Fearless, buttato giù dopo la partita contro il Brasile: "Banks sbagliò solo una cosa nella sua carriera: non difendere mai la porta dell'Arsenal". Quando si conobbero negli anni Novanta, il bassista glielo fece notare, Gordon si scusò, disse che Londra in quel periodo era un po' troppo incasinata. "Ho sempre mal sopportato le città, un portiere è abituato alla solitudine, per questo non può non amare la campagna".

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