Nicolò Zaniolo (foto LaPresse)

Zaniolo ha un futuro, non bruciateglielo

Leo Lombardi

Di Francesco sta valorizzando lui e altri giovani italiani come Bryan Cristante, Lorenzo e Luca Pellegrini. Diamogli solo il tempo di crescere. Ne hanno bisogno loro e noi

Non ci sono dati certi a suffragare l'ipotesi ma così, a naso, diciamo che in questo momento in parecchi si saranno ricreduti riguardo l'operazione Radja Nainggolan: per quello che (non) sta facendo il belga all'Inter e per quello che sta offrendo Nicolò Zaniolo alla Roma. In estate era stato salutato come il colpo per eccellenza dei nerazzurri, che si assicuravano un leader in cambio di 24 milioni, più la cessione dell'eterno inespresso Davide Santon e di un ragazzino sì bravo nella Primavera, ma mai considerato in prima squadra. E frettolosamente trasformato in una plusvalenza da un paio di milioni. Oggi, la sensazione è quella di assistere a un Andrea Pirlo bis, sbolognato senza colpo ferire nel 2001 al Milan, in anni in cui i giochi di prestigio nei bilanci erano più importanti della valutazione di un giocatore.

 

La fortuna di Zaniolo è stata quella di avere un padre ex calciatore e di aver incontrato un tecnico che non guarda in faccia a nessuno quando si tratta di decidere. Il primo è Igor, una lunga carriera di attaccante, con la serie B come top, e oggi proprietario di un bar-tabaccheria a La Spezia. È lui che raccoglie i pezzi del figlio quando Nicolò, all'ultimo giorno di mercato nel 2016, si trova messo alla porta dalla Fiorentina, in cui era cresciuto. Il motivo? “Arrivano altri da fuori”, la risposta. All'epoca ha 17 anni e un mondo che gli crolla addosso. Il padre gli suggerisce di provare un anno all'Entella, solida realtà di provincia, in B e vicina a casa. Ed è la fortuna del centrocampista, che con i compagni di Chiavari arriva a disputare la finale di Coppa Italia Primavera, poi conquistata alla Roma. Due partite che lo vedono protagonista e che lo portano all'Inter, pronta a battere la concorrenza di Juventus, Colonia e Villarreal, ma non abbastanza da intuire appieno le qualità del ragazzo.

 

Qualità che invece nota Eusebio Di Francesco, che non ha dubbi a puntare sul più piccolo di tutti. Lo fa esordire in Champions League, ancora prima che in campionato, e non su un campo qualunque: è il Santiago Bernabeu, contro il Real Madrid. È il 19 settembre, la Roma è travolta 3-0 ma Zaniolo è uno di quelli che si salva. Ed è uno di quelli su cui il tecnico insiste, nel momento più complicato della squadra, tra risultati negativi, contestazione dei tifosi e una panchina diventata traballante. Una scelta che diventa definitiva a dicembre, quando Zaniolo non esce più dai titolari. Una scelta soprattutto vincente, perché emerge una personalità impensabile, per uno non ancora ventenne. Prestazioni e gol. D'autore, come quello con il Sassuolo, con la discesa sulla destra, la sterzata a mettere a sedere difensore e avversario, e il tocco morbido per il cucchiaio finale. Di reattività, come quello contro il Torino, quando è pronto a ribadire in rete da terra una conclusione che gli era stata respinta da Sirigu, con i difensori granata a guardarsi. 

 

Colpi di classe che lo fanno paragonare a Francesco Totti, davanti al quale la mamma Francesca (41 anni appena, seguaci appassionati sui social, in quanto ex wags, e tifosissima della Roma) si è messa a piangere quando lo ha incrociato per la prima volta a Trigoria. Un pericolo che il giallorosso deve evitare assolutamente: in un'Italia che attende sempre l'uomo del destino, i primi talenti a essere bruciati sono quelli affiancati impropriamente a un grande del passato. Che Zaniolo abbia un futuro non c'è dubbio: su lui ha scommesso anche il ct Roberto Mancini, che lo ha convocato senza che avesse una presenza in serie A. Come un futuro hanno Bryan Cristante, Lorenzo e Luca Pellegrini, gli altri giovani italiani che Di Francesco sta valorizzando. Diamo solo il tempo di crescere. Ne hanno bisogno loro e noi.