Higuain abbracciato da Matuidi dopo l'espulsione (foto LaPresse)

Il dilettantismo di Higuain davanti alla Juventus

Leo Lombardi

L'attaccante ha rovinato con due mosse fallimentari una serata che aspettava da tempo. E la buona volontà non basta per giustificare certi errori da dilettante

“I rigori li sbaglia chi li calcia”: così sentenziò Gonzalo Higuain per spiegare quello finito sul fondo domenica sera a San Siro contro la Juventus, dopo la carambola portiere-palo. Vero. Come è anche vero il sentire comune quando sottolinea che “soltanto chi non fa non sbaglia”. Ma in questo “fare”, come nello stesso “calciare”, occorre essere bravi. La buona volontà non giustifica il dilettantismo, come - allo stesso modo - non lo giustifica quella “onestà” che abbonda nelle bocche pentastellate. Dilettante Higuain? Magari esageriamo. Ma contro la Juventus lo è stato due volte. Primo, perché ha letteralmente sfrattato dal dischetto Franck Kessié, il rigorista titolare del Milan nella passata stagione, atteggiamento che instilla dubbi su come dalla panchina sia stata gestita la situazione, anche nel corso della settimana. Secondo, perché gli avversari lo conoscevano benissimo. Non solo Wojciech Szczesny, che la passata stagione lo allenava dal dischetto quando l'argentino era alla Juventus, ma lo stesso Cristiano Ronaldo, che ha sussurrato nell'orecchio del portiere polacco di muoversi un attimo prima della battuta, per togliere spazio all'avversario. Particolari da cui si capisce perché i bianconeri siano sempre un passo avanti rispetto a tutti.

 

Juventus, per l'appunto. E qui si subentra un terzo fattore, non più tecnico come i precedenti, ma emotivo. Perché Higuain si è sentito rinnegato dalla società che lo aveva strappato per una novantina di milioni al Napoli un paio di anni fa, dopo averle regalato una quarantina di gol e due scudetti. Cacciato dall'arrivo Ronaldo, dicono i più, ribadendo l'identica traiettoria già vista al Real Madrid. Il problema è che lui, con CR7, avrebbe pure filato d'amore e d'accordo, come è stato con tutti i compagni di squadra. Lo si è visto nei pochi giorni di convivenza bianconera in estate, quando perfino uno serioso come Higuain sorrideva felice nelle tante foto di gruppo sparate a raffica dal portoghese su internet. Lo si è visto domenica sera, quando tutti gli ex compagni sono accorsi per portarlo via dall'arbitro Mazzoleni, non appena incassato il rosso: nessuno di loro voleva, per l'affetto passato, che l'argentino aggravasse ulteriormente la situazione.

 

Era furioso Higuain, non tanto per l'espulsione in sé, quanto perché aveva rovinato con due mosse fallimentari una serata che attendeva da tempo. E che attendeva con un occhio rivolto alla tribuna, verso quei dirigenti colpevoli - loro sì - di averlo messo sul mercato, presentandolo come un passaggio naturale e obbligato: ammantato di giustificazioni tecniche (la presunta impossibile convivenza con Cristiano Ronaldo), di motivazioni ambientali (come avrebbe potuto gestire Massimiliano Allegri uno spogliatoio così ricco di primedonne?) e innervato di motivazioni economiche (un affare per i soldi incassati e per l'ingaggio sbolognato ad altri). In realtà, c'era chi non vedeva l'ora di disfarsi di lui per concentrarsi sul nuovo giocattolo strappato al Real Madrid. Un giocattolo vincente sul campo e, soprattutto, formidabile quale brand social da vendere agli sponsor, per attirare nuovi contratti e per rinegoziare quelli vecchi. Anche questo ha pagato Higuain, il suo essere deliziosamente antiquato, sia come centravanti d'area sia come animale allergico all'esposizione mediatica. E non c'era più posto per lui nel nuovo calcio disegnato a Torino.

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