Maldini e Nedved, i diversi uguali di Milan-Juve

Alessandro Bonan

Paolo e Pavel erano quasi uguali eppure così diversi. Ora siedono dietro la scrivania dei club con i quali hanno vinto da giocatori

Cani da slitta, capaci di trainare cento uomini. Il pelo lungo per scaldarsi, gli occhi sempre attenti. Maldini e Nedved attraversavano la steppa innevata in senso inverso, per poi incontrarsi e stringersi la zampa. Erano belve, oggi sono umani. Paolo e Pavel, quasi uguali eppure così diversi. Uno dietro, l’altro davanti, ma entrambi avanti e indietro, con i capelli mossi, contrasto di venti e di spazi. Maldini sapeva guardare il cielo senza morire di vertigine mentre la palla lo scavalcava alle spalle con una traiettoria così alta da smarrire chiunque. Come orientato da una bussola, era capace di trovare con esattezza il punto di atterraggio di qualsiasi asteroide e adagiarlo morbidamente al suolo.

 

Al terzino Maldini capitava di fermare anche i nemici, i quali si scoraggiavano di fronte al totem simbolo della tribù avversaria. Con la sola imposizione del corpo, quasi senza toccarli, gli trafugava il pallone per ripartire veloce verso nuove avventure. Giocava a sinistra con il destro, senza farlo mai pesare a nessuno, fino a ergersi di diritto a “più grande terzino sinistro della nostra storia”.

 

Di questo scherzo della natura, due piedi quasi uguali, Nedved è stato vittima ancora più straordinaria. Tirava così forte con entrambi che nessuno ha mai capito quale fosse l’alluce preferito. Le sue non erano semplici conclusioni, ma vere e proprie esplosioni, palle di cannone. Calciava senza preoccuparsi del come ma ben intenzionato a rispondere al perché. Non apparteneva a posizioni precise. Poteva sorprenderti da destra o da sinistra, bucarti al centro, indiano con l’accetta. Si comportava in campo con tanta di quella fretta che potevi anche fraintendere, pensando che possedesse il giusto mentre invece aveva tutto: dribbling, stop, lancio, persino colpo di testa. Correva impetuoso, le spalle come piegate dal vento, una treccia di muscoli sottili. Spiccando con il biondo acceso, non si fermava mai, cinetico costante.

 

Adesso che lo vediamo fermo in tribuna non sembra neanche vero che abbia smesso. I capelli sono gli stessi, un po’ più grigi come gli occhi, ma il resto è uguale. Dicono che in fondo non si sia mai fermato, correndo, anche da ex, per non dimenticare il suo corpo.

 

Come Maldini ha conservato un fisico ideale, uguali anche al tramonto. Come spesso capita a calciatori così importanti, una volta lasciato il campo, preferiscono parlare il giusto. Di questi silenzi ognuno interpreta qualcosa, anche se il silenzio, in assoluto, è un bel rumore. Ma quella slitta che corre ha lasciato tracce sulla neve che ancora si vedono. Mentre i cani ansimano alla luna, e cento uomini si sono persi nel vento.