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Si ritira Falcao, profeta del futsal che sogna di diventare grande

Giovanni Battistuzzi

Era sport di nicchia è diventato nazionalpopolare. Ma ora che il più grande campione della storia del calcio a 5 si è ritirato (dalla Nazionale) cosa rimarrà del calcetto in Brasile?

E' quello che il pallone è questione di suola, di punta, di tacco, soprattutto di tacco. Quello che una volta il calcio era tutto e il calcetto, o calcio a 5 o futsal che sia, un surrogato tanto spettacolare quanto inutile. E invece... Quello che bastano i numeri per capire cos'è stato – più di mille gol in settecento partite in campionato, quattrocentodue in duecentocinquantotto con la Seleçao –, ma i numeri da soli non bastano per far capire cosa davvero è stato. Quello che ha perso nome e cognome per somiglianza con un calciatore, ma poi ha ribaltato tutto, trasformando il soprannome in un vessillo, il suo, e ha messo in ombra l'altro, quello famoso. Perché se a Roma Falcao è ancora Paulo Roberto, in Brasile Falcao altro non è che lui, Alessandro Rosa Vieira, "o melhor", il migliore. 

  

  

Perché quando toccava il pallone Paulo Roberto era eleganza e classe, ma quando toccava il pallone lui, Falcao, quello vero, "è arte", diceva Pelé, quello nominato prima Tesoro nazionale e poi Patrimonio storico-sportivo dell'umanità. E serviva un artista a togliere il Futsal dall'ombra del Futebol, a dargli una dignità di sport e non solo di spettacolo. Serviva un artista per scalare in termini di celebrità calciatori e automobilisti, sportivi e attori, per diventare "alma do Brasil", anima del paese, per riempire palazzetti, per portare più di ottantamila persone al Maracanà per una partitella di calcio a 5, per far collegare quasi sessanta milioni di persone alla diretta televisiva della Coppa del mondo 2012 vinta dal Brasile contro la Spagna in Thailandia grazie (anche) a una rete del numero 12 verdeoro.

 

  

E ora che Falcao ha lasciato davvero quella maglia, che il suo abbandono è reale e non più solo un annuncio, che ha salutato la la Seleçao con gli ultimi due gol, a 41 anni, il futsal brasiliano si ritrova sguarnito del fenomeno che in questi anni lo ha trasportato sulle prime pagine dei giornali, lo ha reso nazionalpopolare e non più soltanto di nicchia, lo ha fatto crescere, diventare più che adolescente. Non ancora adulto però.

  

Lo si è visto negli ultimi anni, quando la parabola di "o melhor" era iniziata a calare, nonostante rimanesse eccellente. L'eliminazione ai sedicesimi di finale nell'ultimo Mondiale, quello colombiano, ha dimostrato che senza Falcao – che aveva lasciato la Nazionale a causa di alcuni scandali di corruzione all'interno della Confederazione brasiliana di Futsal – il Brasile è forte, spettacolare, bello da vedere, ma non vincente, o almeno quando oltre che al bel gioco serve anche la concretezza e "la possibilità di aggrapparsi a un totem per evitare il tracollo", scrisse all'epoca il quotidiano A bola.

 


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In questi anni non solo la Nazionale, ma tutto il circuito del calcio a 5 brasiliano si è appeso a Falcao, al suo "modo divino di dimostrare che il pallone non è un oggetto a sé stante, ma, a volte, un'estensione naturale della bellezza del movimento del corpo umano", come scriveva nel 2014 il poeta brasiliano Ferreira Gullar, per tenere in piedi un movimento che ancora non riesce a gestirsi, a entrare nell'età adulta. Perché il futsal grazie a Falcao è sì uscito dal cono d'ombra del calcio, è sì riuscito a imporsi come sport indipendente e altro da quello che si gioca nei grandi stadi, "ma ancora porta il peso della storia dello zio maggiore, non riesce ad attrarre i sogni di una larga minoranza di giovani, nonostante ormai gli stipendi dei maggiori club della prima divisione brasiliana non siano di molto inferiori a quelli della prima divisione calcistica", scriva A bola.

  

Ma non tutto si riduce a una questione di soldi, non tutto almeno nello sport. Perché "se il Futebol rimane ancora irraggiungibile per il futsal", spiegava Gullar, "è perché Falcao è uno solo, la sua magia, benché straripante ed eccezionale, benché forse più lucente di qualsiasi altro pallonaro ancora in circolazione, è sola. Il futsal, che è arte circense, che è cinematografia piena di effetti speciali, ancora non è diventata letteratura. E se non è riuscito un divino a renderla tale, forse non lo diventerà mai".

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