Una coreografia dei tifosi dell'Atalanta allo stadio Atleti Azzurri d'Italia (foto LaPresse)

A Bergamo è successo qualcosa, ma la questura non se n'è accorta

Giovanni Francesio

La storia di Claudio Galimberti, detto “il Bocia”, capo carismatico degli ultras dell'Atalanta, e la fatica di uscire da una dimensione emergenziale nel rapporto tra istituzioni e tifosi

[Questo articolo è stato pubblicato sull'edizione del Foglio Sportivo in edicola sabato 1 e domenica 2 settembre. Potete leggerlo qui]

 


 

Su Bergamo, sull’Atalanta, sul suo rapporto col territorio e sulla sua curva, non si può scrivere superficialmente. Per cui, meglio parlare di un caso specifico, quello di Claudio Galimberti, detto “il Bocia”, da molti anni capo carismatico degli ultras della Dea, da molti anni diffidato. “C’è una città, Bergamo, dove il problema principale non sono le rapine, i furti, gli scippi e lo spaccio di droga, ma stangare sempre e comunque il Bocia”: sono parole di Xavier Jacobelli, attuale direttore di Tuttosport, non noto per essere un facinoroso teppista da stadio, e sono parole del 2015, quando Galimberti si vide notificata l’ennesima diffida per essersi presentato nel prefiltraggio dello stadio “armato” di una testa di porchetta. La sua precedente diffida era scaduta, ma non lo lasciavano comunque entrare. La porchetta era il suo modo di protestare. Diffidarlo per altri cinque anni fu il modo della questura di fare giustizia, naturalmente utilizzando il solito articolo 9, che consente di daspare senza sentenze passate in giudicato. E infatti la magistratura, per la porchetta, il Bocia lo ha prosciolto. Ma la diffida è rimasta.

E questo nonostante – qualcuno, malizioso, dice “perché” – il clima tifoso a Bergamo stesse già cambiando nel 2015, e in meglio. Come ha continuato a fare, in modo sempre più evidente, anche negli ultimi tre anni.

 

Ma niente, alla questura non se ne accorgono. Il 27 giugno Galimberti si è visto recapitare il prolungamento della diffida (scadeva nel 2020, proseguirà fino al 2022). I motivi sono: aver partecipato – senza entrare allo stadio – alla trasferta di Europa League di Dortmund (alla fine della quale la polizia tedesca si è complimentata con i tifosi atalantini), essere andato al bar vicino allo stadio di Bergamo durante una partita di Coppa Italia della squadra primavera dell’Atalanta, e un alterco con un poliziotto in borghese suo vicino di casa.

 

Si potrebbe dire che la questura butta inutilmente benzina sul fuoco, se ci fosse il fuoco. Che però non c’è. I tifosi dell’Atalanta interpretano nel modo migliore il motto “non ci avrete mai come volete voi”, e protestano tanto decisamente quanto civilmente, con silenzi e striscioni, mentre il mondo Atalanta continua a essere un modello per tutto il calcio italiano. Ed è una vicenda, questa di Galimberti, che rappresenta anche molto bene la fatica che si fa a uscire da una dimensione emergenziale nel rapporto tra istituzioni e ultras. Ma l’emergenza, se mai c’è stata, oggi di sicuro non c’è più.

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