Cristiano Ronaldo (foto LaPresse)

Contro il commentatore altermondialista che non capisce quanto è forte CR7

Marco Archetti

Il Mondiale al bar “Da Pippo” e una confessione imbarazzante: io e Luigi Di Maio abbiamo una cosa in comune

Tralasciando il fatto che per carità, non avrei passato le mie giornate leggendo le memorie di Acilio Glabrione commentandole al telefono, la sera, con Franco Battiato. Tralasciando che proprio in questo istante, nel bar “da Pippo” in cui mi trovo, è entrato un emerito pirla e davvero, ci mancava solo il commentatore altermondialista in brache di tela solidale, barba crespa e lungodegenza zapatista che guarda gli astanti e fa: “Non so a voi, ma a me vedere la Nazionale dello stato più razzista d’Europa perdere contro 11 neri del Senegal mi ha fatto godere”.

 

Tralasciando che io resto sempre marmorizzato davanti a tanta malafede sportiva, e che a lui “Polonia” fa venire in mente politica&religione e invece a me Isaac Bashevis Singer e Witold Gombrowicz, cioè, in due mosse neuronali, tra i massimi vertici della Letteratura di sempre. Tralasciando il fatto che alla radio stanno trasmettendo Luca Carboni col pezzo che dice “tutti vogliono una grande festa / un’estate tridimensionaaale / ma cosa te lo dico a fare?” e io penso: già, Luca, cosa me lo dici a fare? perché sai, io per questo 20 giugno di quasi estate mi sarei accontentato di poco, magari una piccola siesta / un abbiocco post prandiaaale, e invece eccomi qui, costretto alla sedia come un Alfieri sminuito e bersagliato dai messaggi intimidatori dalla demoniaca redazione del Foglio – i miei cerberi fanno schioccare la frusta molto vicino al microfono dei loro smartphone, registrano e mi inviano gli audio con lo schiocco perché io senta, tremi e scriva. Tralasciando che, di conseguenza, sto nel sudore, nel madore, nel panico, occhi a uno schermo sul quale non accadrà niente di interessante (“quel niente / che è tutto”, spaccava il pelo in quattro Montale), e tralasciando, infine, questa sfilza di tralasciando… Be’, ho un problema che non tralascia me. E se non vuoto il sacco, divento pazzo. Quindi beccatevi la confessione: io e Luigi Di Maio abbiamo una cosa in comune. Sì, è terribile. Ma io, dal 1997 al 2004, ho venduto panini e bibite allo stadio di Brescia.

 

Bene, ora che mi sono liberato passiamo al fóbal, come dice Emanuele Severino. Portogallo-Marocco è un tema di maturità – quello sulla solitudine nell’arte – svolto con lode dal solo Cristiano Ronaldo. Perché eccetto lui, nulla: il gioco dei portoghesi è più uggioso del romanzo “Spiegazione degli uccelli” di António Lobo Antunes e quello dei marocchini è apprezzato solo dall’altermondialista, che non ha mai perso l’occasione di recensire CR7, anche mentre segnava, in questo modo: “Va’, va’, va’… Che brocco! Incredibile, oh”. E intanto scuoteva la testa, imitato da tre coreuti in canotta&marsupio che erano d’accordo con lui su tutto. Poi si sono loro aggiunti due operatori finanziari in infradito usciti da una sala scommesse, e mentre un agente immobiliare in jeans salmone bamboleggiava con la barista (vent’anni, minigonna di garza, occhi da disbiosi intestinale), la sudoripara compagnia di canotte si gettava in una briscola tesissima, interessante più della partita. E anche lì l’altermondialista scuoteva il capo, polemizzava, poi si voltava verso lo schermo, attendeva il primo piano di Ronaldo e gridava: “Brocco!”, e a me: “Sarà mica un giocatore, quello…”.

 

E quando è cominciato il match tra il vittorioso Uruguay – la squadra con maggior aderenza tessile di tutto il mondiale (la barista dice di apprezzare le maglie strette) – e l’Arabia Saudita, compagine che sta al calcio come Dibba alla letteratura e Virzì alla perifrasi, tutti han continuato a interessarsi alla briscola come se niente fosse. Infatti, niente era. Ma c’è una cosa che non mi toglierò più dalla testa: l’espressione volitiva e patita del volto di Tabarez che rientra in campo nel secondo tempo. Tralasciando il dolore, la festa forte della vita.