Un “tifoso” del Manchester City (foto LaPresse)

Le vittorie meste di Manchester City e Psg

Jack O'Malley

La squadra di Guardiola vince il campionato in vacanza, Neymar preferisce le carte, Ibra è un ex giocatore

Manchester. Come non c’è traversa colpita che non sia clamorosa, non c’è cavalcata che non sia trionfale, non c’è sfida tra Steaua e Rapid senza almeno un ferito, non c’è Sarri senza scuse e non c’è Lazio senza polemiche arbitrali, non c’è titolo di Premier League che non valga un brindisi. Anche se lo ha vinto l’odiato (da me) Pep Guardiola, trovo comunque degno di sbronza il fatto che una squadra inglese abbia vinto il campionato inglese.

 


 

 Marina Luczenko, moglie del portiere della Juve Szczesny

 


  

Mi capita spesso di alzare il gomito per celebrare gioie calcistiche, ultimamente: l’ultima volta martedì scorso, quando negli stessi minuti sono stati buttati fuori dalla Champions il Barcellona dei giocolieri e l’ex direttore del circo blaugrana, quel Guardiola che ieri ha festeggiato la vittoria del campionato su un campo da golf (sono certo che dietro alla sconfitta in casa del Manchester United contro il West Bromwich ci sia anche la perfidia di Mourinho, che ha “costretto” i Citizens a festeggiare la vittoria quando meno se l’aspettavano, nel giorno libero). 

 


 

  Marina Luczenko, moglie del portiere della Juve Szczesny, si dispera dopo l’eliminazione in Champions: “Mio marito ha sofferto, è un tipo sensibile”

 


  

Campionato meritato per il Manchester City, ma tutti sappiamo che a Pep le cinque pere prese dai Reds in 180 minuti bruciano come un bicchiere di whisky nella gola di un astemio. Ora che la squadra di Klopp e Salah incontrerà la Roma qualcuno ci salvi dalla retorica della vendetta, del rigore di Graziani, delle mosse di Grobbelaar e degli inni di Venditti. Lo dico con dispiacere, dato che dopo le sberle al Barcellona la Roma aveva fatto breccia nel mio cuore. E’ durata poco, peccato (rinuncerei alle quattro pinte di Guinness del lunedì sera per vedere vincere i giallorossi senza Totti).

 

Nel weekend appena trascorso non ha vinto il proprio campionato soltanto il City. Juventus a parte, che lo aveva già vinto a gennaio, arriva la notizia del solito trionfo del Paris Saint-Germain in quel grande trofeo condominiale che è la Ligue 1. Nel giorno della combattuta partita contro la seconda in classifica – un faticoso 7-1 per i parigini – Neymar non era allo stadio a festeggiare il campionato con gli altri compagni, ma a casa davanti al computer a giocare a poker online. Giornali e retroscenisti si sono chiesti se fosse un segnale di rottura tra il brasiliano e la società. Macché, è che giocare a carte in ciabatte contro un computer è molto più emozionante di giocare nella Ligue 1. In fondo anche Buffon ha spiegato bene ieri che viviamo per le emozioni, dunque “ogni tanto esageriamo”. Il portiere della Juve, espulso nel finale della partita di Champions contro il Real Madrid, ha confessato che “dopo il Bernabeu ho fatto molte passeggiate, ho raccolto margherite e funghi”. Come all’Allianz Stadium all’andata, insomma.

 

Sono bastate tre partite in quella farsa di campionato che è la Mls americana per far tornare a Zlatan Ibrahimovic la nostalgia del calcio serio. Su Twitter ha fatto capire che potrebbe giocare ai prossimi Mondiali, e tutti si sono pisciati addosso per l’emozione. Da quando si è infortunato al ginocchio Ibra è un ex giocatore: consapevole di questo, ha portato a livelli estremi la sua capacità comunicativa di bullo, compiendo il salto definitivo, da calciatore a meme. All’esordio con due gol decisivi con i Los Angeles Galaxy ci sono cascati quasi tutti, così come alla sua gag sulla rovesciata di Cristiano Ronaldo (“provi a farla da 40 metri”, ottimo materiale per la pagina Facebook di “Chiamarsi Bomber”, e poco più): uomo immagine di se stesso e di decine di sponsor, Ibra riesce a far parlare di sé ai Mondiali anche se ha lasciato la Nazionale svedese due anni fa. Tutti se lo immaginano in campo. Io ho il forte sospetto che sia soltanto l’ultima trovata pubblicitaria, magari per il marchio di scommesse sportive di cui è testimonial. Scommettiamo?