Moise Kean (foto LaPresse)

Pellegri se ne va, Kean resta (e segna): è la generazione post Millennial della Serie A

Leo Lombardi

Stesso talento, due scelte diverse. Il giovanissimo del Genoa vola a Monaco, ma in Italia c'è Moise, l'attaccante del Verona che ieri contro la Fiorentina ha dato un assaggio del suo potenziale

Non è durato molto lo sconforto della Juventus per aver perso Pietro Pellegri. I bianconeri sembravano avere in mano il sedicenne talento del Genoa, poi si è presentato il Monaco: 25 milioni sul piatto e l'attaccante si è trasferito di qualche chilometro, rimanendo in riva a un mare che conosce assai bene. Un disappunto cancellato in poche ore, giusto il tempo di spostarsi a Firenze. Qui, domenica pomeriggio, il Verona ha gettato nel ridicolo la Fiorentina, travolgendola 4-1. Un successo che ha acceso la contestazione nei confronti del disimpegno dei fratelli Della Valle, proprietari del club viola, rinsaldato la panchina di Fabio Pecchia e fatto capire perché in Veneto abbiano messo da parte Giampaolo Pazzini, eroe dell'ultima promozione. Il merito è di Moise Kean, un ragazzo che diventerà maggiorenne a fine febbraio e che sta viaggiando veloce. E che, soprattutto, appartiene alla Juventus.

 

Un'avventura, quella bianconera, che comincia con uno scippo. Kean, figlio di genitori della Costa d'Avorio, nasce a Vercelli, comincia a giocare a pallone ad Asti, dove si trasferisce la famiglia, a sette anni finisce nel settore giovanile del Torino. Il suo destino cambia nel 2012, quando bussa alle porte la Juventus, garantendo prospettive future che la società granata non può neppure promettere a chi sogna ancora come un bambino. In bianconero Kean è protagonista in ogni squadra in cui viene schierato, pure troppo visto un carattere esuberante che aveva convinto il Torino a non puntare troppo i piedi al momento della separazione. Tappe bruciate al punto da richiamare l'attenzione di Massimiliano Allegri. Kean è il primo ragazzo della Generazione Z, o post Millennial se preferite, a esordire in serie A ed è anche il primo ad andare in gol nei cinque più importanti tornei d'Europa. Lo fa il 27 maggio dell'anno scorso, a Bologna, battendo di ventiquattr'ore – guarda il destino – proprio Pellegri, che il giorno successivo va a segno per il Genoa nella trasferta in casa della Roma.

 

Il colore della pelle, il carattere esuberante e il nome dell'agente (l'ineffabile Mino Raiola) hanno fatto scattare da tempo il paragone con Mario Balotelli. Kean non possiede però lo stesso strapotere fisico e, soprattutto, finora ha evidenziato una dedizione allo spirito di squadra che manca all'illustre pietra di paragone. Perché Balotelli è sempre stato abituato bene: Inter, Manchester City, Milan, Liverpool e oggi Nizza. Sono stati gli altri a mettersi al suo servizio e non viceversa. Kean, invece, è stato invece mandato a crescere in una squadra dove la lotta per la sopravvivenza è quotidiana, in un contesto neppure facile, vista la contestazione dei tifosi veronesi che ha costretto la squadra a scappare in ritiro a Coverciano prima della trasferta a Firenze. Esperienze di base che aiutano a crescere, molto apprezzate tra casa Juventus e dintorni: basti ricordare Giovannino Agnelli, andato a lavorare alla Piaggio come uno dei tanti prima di tornare alla Fiat come dirigente. Così Kean sta dimostrando con i fatti quanto potrà diventare utile alla prossima ricostruzione bianconera, un passaggio che la società sta preparando mettendo sotto contratto alcuni tra i più interessanti giovani talenti italiani (Caldara e Orsolini, tra gli altri). Finora ha realizzato quattro gol, con la doppietta di Firenze preceduta dalla rete contestata al Torino e da quella a Gigio Donnarumma, in uno dei momento più bassi della stagione del Milan. E, per lui, un vantaggio invidiabile rispetto a eventuali concorrenti: Kean è già della Juventus.

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