Il Pordenone ha già battuto l'Inter. Sui social network

Aspettando la partita degli ottavi Coppa Italia tra i friulani e i nerazzurri di martedì, la campagna social dei ramarri ha già stravinto: almeno tremila persone andranno a San Siro, sperando in Berrettoni

Giovanni Battistuzzi

Pordenone è periferia lontana del calcio italiano, forse non desolata, anzi quasi benestante, ma pur sempre anni luce da Torino, sponda bianconera, e da Milano, un tempo rossoneroazzurra e ormai, per evidenze del campo, sempre più interista. A Pordenone il calcio è solitamente fatto da un tifo che guarda alle grandi squadre della serie A, come accade nelle periferie calcistiche italiane, ma che da un po' sta iniziando ad abbracciare il nero e il verde, ossia i colori che campeggiano nello stemma sociale e sulle maglie del Pordenone Calcio. Dopo oltre novant'anni a far presenza nei campionati dilettantistici, con qualche sporadica apparizione in serie C negli anni Quaranta e Ottanta e un fallimento sul groppone (era il 2003), i "ramarri" dal 2014 giocano nell'ultima serie professionistica italiana (serie C) con molti meriti e buona fortuna, sempre a un passo dalla promozione, ma mai abbastanza svelti per raggiungerla davvero.

 

Pordenone è periferia lontana del calcio, persa tra Piave e Tagliamento, in quella pianura veneto-friulana che strizza l'occhio alle Prealpi e che allunga gambe e terga verso l'alto Adriatico. Friuli, ma nemmeno poi troppo, Veneto, ma neanche tanto, Pordenone e basta, fiero e orgoglioso, come la sua squadra, quella che il 12 dicembre scenderà in campo a San Siro, per giocarsi gli ottavi finali di Coppa Italia contro l'Inter capoclassifica della serie A. Ottavi conquistati battendo il Cagliari (e prima Lecce, Venezia, Matelica, in ordine inverso).

 

Inter-Pordenone, ossia uno fisso verrebbe da dire. Perché da una parte ci sono Icardi, Borja Valero, Handanovic, Perisic e un altro manipolo di giocatori che guidati da Spalletti girano a manetta, mentre dall'altra ci sono Berrettoni, Misuraca, Burrai, Magnaghi, ossia gente che con tutto il rispetto possibile vedono lontano anni luce il grande calcio, anche se in un modo o nell'altro l'hanno sfiorato. Ma il calcio si sa che è un sistema complesso di talento, opportunismo, costanza e culo e in almeno una di queste i calciatori del Pordenone sono stati in grosso difetto.

 

Un sistema talmente complesso che a volte va in cortocircuito e garantisce riscatti, rivolte, sorprese e miracoli del caso, o meglio del caos. Miracoli che se arrivano bene, ma che aspettarseli meglio di no. Miracoli che se arrivano è festa, altrimenti un bel pensiero e niente più. Miracoli che in ogni caso, meglio sperarli più che aspettarli, meglio prenderli per quello che sono, meglio riderci su. E in questo il Pordenone è stato maestro sui social network.

 

Un countdown più faceto che serio, autoironia che "esalta" Emanuele Berrettoni, che da giovane se ne parlava un gran bene e gran bene ha fatto ma lontano dal grande calcio, alla faccia di Maurito Icardi, perché in Champions League ha giocato con la Lazio e l'argentino no, perché qualche cosa l'ha vinta, l'Intertoto con il Perugia, e l'argentino no, perché ha due doppiette nel cognome e l'argentino nemmeno mezza. Soprattutto perché non vuol dire niente, tanto che il campo dice il contrario ogni domenica, ma tant’è e quanto meno ha fatto salire i tifosi a tremila sicuri per l’impossibile trasferta. Tifare nella periferia lontana è un atto di fede più che altrove, e tanto vale prenderla con autoironia che non si sa mai. Magari si avvera davvero.