Ronaldinho insieme a Kadyrov (foto Instagram)

I dribbling di Ronaldinho e il bluff del calcio "etico"

Massimo Solani

Il brasiliano passa con indifferenza dalle partite di beneficienza dell'Unicef a quelle organizzate dal dittatore ceceno Kadyrov

Chiedere coerenza ad un calciatore, in fondo, significa in qualche modo negarne l’essenza stessa. Un po’ ipocrita pretenderne da chi oggi indossa e bacia una maglia e domani farà altrettanto con altri colori, sorridendo ad altri tifosi e dichiarando amore in altre lingue o dialetti. Ma quello, absit iniuria verbis e ci perdonino i più romantici, è e resta un lavoro. Forse meno ipocrita, invece, è pretendere un po' di coerenza quando in ballo ci sono grandi “motivazioni etiche”. Quelle spesso sbandierate da un testimonial dell’Unicef come Ronaldo de Assis Moreira, meglio noto come Ronaldinho.

   

 

Star planetaria, pallone d’Oro e sorriso irregolare diventato brand. Uno capace, oggi, con la stessa naturalezza con cui deliziava tifosi e dribblava avversari, di passare dalle partite esibizione a scopi benefici alle amichevoli organizzate a Grozny dal dittatore ceceno Ramzan Kadyrov per festeggiare il compleanno di Vladimir Putin. Di accendere le luci dell’Empire State Building coi colori del Barcellona per festeggiare la partnership decennale fra la squadra catalana e l’Unicef come di farsi fotografare con la maglia personalizzata numero dieci del club di Grozny di proprietà di Kadyrov (che l’ha appena ribattezzato Akhmat in onore del padre, ex presidente ceceno, ucciso proprio nello stadio della capitale da un attentato). Il tutto appena pochi giorni dopo le parole con cui il dittatore ex paramilitare aveva scandalizzato il mondo definendo gli omosessuali “diavoli” e “non persone” che “si vendono”. “I gay non esistono in Cecenia, è geneticamente impossibile che un ceceno possa essere gay”, aveva poi aggiunto Kadyrov rispondendo ad un giornalista che gli chiedeva conto delle persecuzioni contro la comunità Lgbt cecena. “Anche ci fossero – aveva concluso - li eliminiamo, li mandiamo in Canada”.

  

 Ronaldinho insieme a Kadyrov (foto Instagram)

 

Con un tipo così, che per inciso è accusato dalle organizzazioni umanitarie di violare sistematicamente i diritti umani, un testimonial dell’Unicef, viene da dire, non dovrebbe prenderci neanche un caffè. E invece Ronaldinho e Kadyrov sono amiconi da anni e le visite a Grozny dell’ex campione del mondo sono frequenti e sempre celebrate con foto in posa col dittatore allo stadio e fuori.

 

 

 

Pecunia non olet. Oppure, nel migliore dei casi, il suo profumo è così forte da coprire l'odore di tutto il resto. Non a caso anche  Massimo Oddo, che ha fondato in Italia una Onlus che “si occupa – si legge su Facebook - di raccogliere fondi da destinare in beneficenza a propri progetti o ad altre associazioni o fondazioni che promuovono progetti nel sociale”, pochi giorni fa sorrideva allo stadio di Grozny con la rappresentativa di vecchie glorie azzurre (fra gli altri c’erano anche Totò Schillaci, Stefano Fiore, Lele Adani, Stefano Tacconi e Paolo Rossi, Claudio Gentile e Marco Del Vecchio), che come accade ogni anno da qualche tempo festeggia il compleanno di Putin giocando contro la squadra “Leader” capitanata da Kadyrov e illuminata dalle giocate di Ronaldinho. Tutti insieme appassionatamente, fra pacche sulle spalle, sorrisi, selfie e ricchi cachet. 

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