Mauricio Macri (foto LaPresse)

Le primarie in Argentina premiano Macri. E forse è anche "merito" di Maduro

Maurizio Stefanini

Il presidente si rafforza in vista delle elezioni legislative di ottobre. Cristina Fernández de Kirchner torna ma non convince. Il commentatore politico Diego Dillenberger spiega perché

Il presidente argentino Mauricio Macri è il “leader morale” del fronte dei 16 Paesi americani che ha imposto al regime di Maduro un duro boicottaggio economico e diplomatico. Domenica 13 agosto ha vinto un duello elettorale con l'ex-presidente Cristina Fernández de Kirchner che, al contrario, si è messa alla testa di un suo nuovo partito allineato con il presidente venezuelano senza se e senza ma. Occasione dello scontro, quelle Primarie Obbligatorie (vengono scelti i candidati per le elezioni legislative di ottobre ndr) che furono introdotte proprio dai Kirchner, e che all'estero si capiscono poco.

 

“In realtà le capiamo poco anche noi argentini” osserva Diego Dillenberger, commentatore politico famoso per il programma “La Hora de Maquiavelo”. “Si sono fatte per desiderio di Néstor Kirchner con il pretesto di rendere più trasparente la politica, ma in realtà con due agende occulte: complicare la vita all'opposizione e permettergli un trionfo nel partito dopo la sconfitta alle legislative del 2009. Oggi sono solo un grande sondaggio, salvo per alcuni partiti in pochi distretti. Probabilmente questa è l'ultima volta che si fanno”.

 

Il voto vero è il 22 ottobre, e equivale alle Mid Term Usa: non si elegge il presidente ma 127 dei 257 deputati e 24 dei 72 senatori. I Kirchner le perdevano regolarmente, salvo poi affermarsi nel voto presidenziale successivo. Invece Macri sembra essere stato premiato “Per lui è un importante risultato, e a ottobre dovrebbe conquistare una decina di seggi. Però continuerà a non avere maggioranza alle camere, e ad avere la necessità di negoziare per poter fare le riforme. Dovrà anche cercare di spiegarle meglio, vista la dura resistenza che si preannuncia da peronisti e sindacati”.

 

È però un risultato che Macri ottiene pur con risultati economici non entusiasmanti. “E risultati non si otterranno mai, se non si fanno riforme per risolvere la crisi cronica del deficit fiscale. Il problema di fondo è che in Argentina è lo Stato l'unico grande datore di lavoro, perché le piccole e medie imprese sono penalizzate dalla mancanza di flessibilità e dalla conflittualità. Se non si supera questa situazione non si potranno far calare né il defict né l'inflazione, né fare investimenti”.

 

In compenso con le crisi di Venezuela e Brasile Macri ha recuperato all'Argentina un ruolo di leadership regionale... “Che finirà quando il Brasile si rimetterà a posto. Ma nel frattempo...”.

 

La grande incognita di queste elezioni è stata il ritorno in campo di Cristina Kirchner. Si è candidata a senatrice semplicemente per procurarsi l'immunità parlamentare di fronte a tutti procedimenti per corruzione che la stanno colpendo? O pensa di poter ricostruire un'alternativa? “Credo che voleva soprattutto procurarsi l'immunità. E anche intimidire qualche giudice con l'idea che lei possa tornare al potere”.

 

Non è andata però bene. Disastro per le liste legate a sua cognata a Santa Cruz, bastione di famiglia. Disastro dei suoi alleati a San Luis. Nella Provincia di Buenos Aires è seconda: anche se per soli 6915 voti rispetto al candidato macrista, tant'è che si riconteranno i voti. “Il pareggio tecnico è comunque un trionfo per Macri”.

 

Perché è comunque crollata rispetto ai sondaggi? L'ha danneggiata l'appoggio a Maduro? “Un effetto può averlo avuto, presso elettori che avevano votato Macri ma sono scontenti per come va l'economia. Più ancora l'hanno però danneggiata l'immagine sempre più forte di corrotta e il modo clamoroso in cui in una tribuna tv María Eugenia Vidal, governatrice macrista della Provincia di Buenos Aires, ha distrutto un giornalista kirchnerista che le ripeteva gli slogan della campagna di Cristina”.