Gerard Piqué in conferenza stampa con la maglia della nazionale (foto LaPresse)

La risposta da capitano di Ramos al pianto indipendentista di Piqué

Nicola Imberti

Il difensore del Real Madrid e della nazionale punzecchia su Instagram l'eterno rivale. Che dopo i fischi batte in ritirata: “L'indipendenza della Catalogna? La mia opinione non conta”

Il primo post di Gerard Piqué su Instagram è datato 6 dicembre 2012. Ché se sei il calciatore che aspetta un figlio dalla star della musica pop Shakira non puoi non condividere tutto ciò che capita nella tua vita patinata. Così quel giorno il difensore del Barcellona esordisce postando la foto di un'ecografia. È la “prima immagine” di Milan Piqué Mebarak, che oggi ha quattro anni e si chiama in questo modo non già in onore del diavolo rossonero, ma perché “significa caro, amato e grazioso in slavo; laborioso in latino; e unificazione in sanscrito”. Nel 2015 è arrivato anche Sasha che invece è un nome “di origine greca e russa e significa 'difensore dell'umanità' e 'guerriero'”. Stavolta, al posto dell'ecografia, ecco il selfie con il pargolo fresco di nascita.

 

Sergio Ramos, invece, su Instagram ci è arrivato l'8 ottobre del 2014. Postando il suo bel faccione e il messaggio “benvenuto a me”. Egotismo puro. Niente bambini, gattini o storie strappalacrime. In fondo anche il difensore del Real Madrid ha due figli. Ma li ha chiamati Sergio Ramos jr e Marco. E tanti saluti all'etimologia, al sanscrito e pure ai greco-russi.

 

Tutto questo per dire che non esistono due persone più diverse di Ramos e Piqué. Rivali da sempre. Soprattutto ora che la Spagna deve fare i conti con i desideri indipendentisti della Catalogna. Domenica Piqué si è recato al seggio e ha fatto il suo dovere di catalano doc. In serata, dopo la vittoria del Barcellona, in lacrime, ha detto di essere pronto a lasciare la nazionale spagnola. La cosa non è ovviamente piaciuta ai tifosi che lo hanno contestato durante gli allenamenti delle Furie rosse.

 

Il ct Julen Lopetegui, per l'occasione, si è affidato al politicamente corretto applicato al calcio ricordando che lo sport “unisce”. Non ha usato uguale accortezza Ramos che della Spagna è il capitano. E che nelle story di Instagram ha deciso di postare un fotomontaggio con due sue immagini, sullo sfondo una cartina della Spagna con i colori giallo e rosso della bandiera, una corona, e la scritta “El Capitan - Sergio Ramos”. Un messaggio che più nazionalista non poteva essere.

  

Così eccoli qui, i due difensori della squadra che è stata campione del Mondo nel 2010 e d'Europa nel 2012, l'un contro l'altro. E verrebbe da aggiungere, ancora una volta. Perché nella rivalità tra Ramos e Piqué non c'è solo l'inevitabile conflitto, calcistico e politico, tra Madrid e Barcellona. C'è anche un'idea diversa di calcio. Da una parte quello tatuato, brutto, sporco e cattivo. Il leader in campo. Dall'altro il bravo ragazzo. Che pur essendo indubbiamente un vincente, viene ricordato più per il suo essere “compagno di”.

  

La carriera di Ramos è tutta in un'immagine scattata a Lisbona il 24 maggio del 2014. L'Atletico Madrid, in vantaggio 1-0, è a un passo dal vincere la sua prima Champions League. Al 93' il difensore segna il pareggio. È il gol che permette al Real di andare ai supplementari, vincere il derby, e aggiudicarsi la “decima” coppa dei Campioni. L'immagine che ricorderemo di Piqué sono le lacrime di domenica sera. Che presto sono diventate lacrime di coccodrillo. “Ho pensato di lasciare la nazionale - ha spiegato in conferenza stampa -, sì, ma ho deciso che era meglio restare e provare a girare la situazione. Questa squadra è come una famiglia per me”.

  

Poi, rispondendo a chi gli chiedeva se fosse effettivamente a favore dell'indipendenza o meno, ha aggiunto: “La mia opinione non conta. Noi giocatori siamo personalità globali. I miei figli sono colombiani, libanesi, spagnoli e catalani. Non è il mio caso, ma credo che un indipendentista possa giocare in nazionale perché non ha nulla contro la Spagna”. Insomma alla fine anche il cuore indipendentista si è dovuto piegare alle regole del mercato globale. E allora meglio una parola in meno e qualche follower su Instagram in più.