Pep Guardiola conta pensieroso quanti trofei ha vinto quest’anno con il Manchester City

Messi sempre peggio

Jack O'Malley

La nostalgia di Guardiola per l’unica squadra che lo faceva sembrare un buon allenatore

Londra. Doveva succedere, prima o poi. Anche i bulli divini sono destinati a fermarsi. La vecchiaia, gli acciacchi, gli infortuni gravi avevano risparmiato Ibrahimovic fino alla soglia dei 36 anni, e lui in preda all’hybris da tempo celebrava se stesso e la sua immortalità sportiva sui social network. Il ginocchio che si piega come quella di uno struzzo, al 90’ di Manchester United-Anderlecht, ha ricordato a tutti che anche Zlatan è mortale, e che prima o poi diventerà un commentatore televisivo stempiato e sovrappeso. Certo, vederlo uscire camminare sulle sue gambe con due legamenti rotti ha quasi del soprannaturale, ma da giorni non facciamo che leggere articoli sulla fine della sua stagione e forse della sua carriera. Il ragazzo ha tenuto a far sapere che sta già lavorando per recuperare: ha postato una foto delle sue gambe davanti a un caminetto, dicendo che smetterà quando lo deciderà lui, e non per un infortunio.

 

Adesso lo United deve decidere che fare del suo contratto: rinnovarlo per vederlo tornare quasi trentasettenne tra nove mesi o ringraziarlo per i bei momenti passati insieme e vederlo partire a parametro zero verso campionati imbarazzanti come quello cinese, americano o arabo. Roba che sarebbe meglio rompersi l’altra gamba. Nel frattempo Mourinho ha un problema: non fare notare troppo che senza Ibra la squadra gioca molto meglio.

 

Certo non bene come la Juventus in serie A, campionato che ha senso di esistere solo per tenere in allenamento i bianconeri in vista del triplete-che-non-esiste: le altre partite sono ormai esercizi ginnici da dopolavoro, esibizioni da campionato scozzese, partite inutili con risultati da Liga spagnola. Dovendo affrontare una squadra di indipendentisti aristocratici che milita nel campionato francese non serve molto di più in effetti. Anche perché dopo ci sarebbe o la solita squadra simpatia delle ultime edizioni di Champions o quella che non riesce più a vincere senza aiutini degli arbitri.

 


 

Abbey Clancy, moglie dell’attaccante dello Stoke Peter Crouch, non è soddisfatta della stagione grigia vissuta dalla squadra del marito in Premier League quest’anno (foto via Instagram)


 

Domenica il Real Madrid ha dimostrato tutta la sua iberica inconsistenza facendosi battere da un giocatore solo, quel Lionel Messi che ha fatto una prestazione che potete tranquillamente definire sublime, sontuosa, fenomenale, pazzesca ecc. se avete accettato di scambiare lo sport per lo spettacolo. Il ragazzo che ha vinto diciotto o diciannove Palloni d’oro – chi li conta più? – ha caratteristiche uniche e irripetibili, ma la perfezione viene a noia. E poi chi è il vero Messi, quello che dribbla anche i magazzinieri del Real o quello trasformato in mite agnellino con la barba dalla difesa della Juventus? Se lo domanda anche quel commesso brasiliano che qualche giornalista pigro ha eletto a sosia di Messi dopo che ha postato una sua foto, peraltro di rara bruttezza, su Twitter. Non ci assomiglia per niente, ma nel momento del bisogno compulsivo di Messi-Messi-Messi, il metadone del calcio globale, tutto fa brodo. La messificazione delle masse fa venire invece una grande nostalgia a Pep Guardiola, che starà maledicendo il giorno in cui ha deciso che aveva qualcosa ancora da dimostrare al calcio e ha lasciato la lega dei campionati finti d’Europa per approdare nel torneo che conta. Credeva di poter replicare quel che ha fatto nella Liga e nella Bundesliga, ma ha scoperto dapprima che la Premier non è paragonabile, e poi ha scoperto pure che l’FA Cup non è la Coppa del Re, la Coppa di Germania né la Coppa Piacentina. Il Manchester City è riuscito a farsi buttare fuori dall’Arsenal dopo essere andato in vantaggio con Agüero, e in campionato sente la pressione dell’altro lato di Manchester. I benevoli dicono che bisogna dargli tempo per maturare un’idea di gioco vincente per la Premier, ma i malevoli (in alleanza con i realisti) osservano che il già divino Pep andava alla grande in fin dei conti solo a Barcellona, ché con il Bayern aggiudicarsi il solo campionato non può equivalere a un successo. Al City ha rivoluzionato le posizioni di mezza squadra per far vedere che la sua idea di gioco vale più dei giocatori. Il risultato è, appunto, tanta nostalgia di Messi.

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