Mattia Caldara (foto LaPresse)

Il maestro Gasperini e Mattia Caldara

Leo Lombardi

L'Atalanta vince a Genoa e il difensore segna il suo sesto gol in campionato. Da quando il tecnico ha deciso di mettere in atto il suo progetto, è cresciuto giornata dopo giornata

Per le statistiche, questo non è il primo anno di Mattia Caldara in serie A. Ci sono i 45 minuti disputati a Catania il 18 maggio di tre anni fa, all'ultima giornata. Quei turni di campionato in cui, quando tutto è già ampiamente deciso, si dà spazio ai giovani e ai meno giovani. Per iniziare carriere oppure per farle concludere in gloria, per poter dire tutti un giorno – almeno – di aver giocato anche un solo istante in serie A. Dopo quella fugace apparizione, per Caldara c'erano stati gli anni della formazione, prima a Trapani e poi a Cesena, in serie B. Difensore centrale di scuola Atalanta, il ragazzo aveva rivelato una passione smisurata per Alessandro Nesta e Thiago Silva, due che hanno scritto più di una pagina importante nel Milan. Per lui tante presenze, il ritorno in estate alla casa madre e solo panchina. Per sei giornate. Fino alla domenica della svolta, quando Gian Piero Gasperini decide di mettere in atto il progetto per cui lo avevano chiamato a Bergamo e dà una bella rinfrescata alle mura.

 

Peccato che lo faccia contro il Napoli, nella giornata in cui schiera dal primo minuto tre ragazzi come Petagna, Conti e, per l'appunto, Caldara, mettendo a serio rischio la salute del suo presidente Antonio Percassi e il futuro della sua panchina. Un azzardo che si trasforma in carta vincente. L'Atalanta vince di misura e la stagione svolta, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Il 5-0 con cui i nerazzurri hanno ridicolizzato il Genoa non solo rafforza il quinto posto, con relative ambizioni d'Europa, ma è anche – giusto per tornare alle statistiche di cui sopra – la settima vittoria nelle ultime dieci partite, la seconda consecutiva dopo i sette-ceffoni-sette incassati a San Siro dall'Inter. A dimostrazione che, quando si è giovani, si fa pure in fretta a metabolizzare le delusioni e a ripartire.

 

 

Mai l'Atalanta aveva vinto in trasferta con cinque reti di scarto, una di queste è stata proprio di Caldara. Un'abitudine piuttosto che una sorpresa, visto che si tratta del sesto gol in stagione, un numero che lo rende secondo miglior marcatore nerazzurro dopo Alejandro Gomez, giunto a quota 13. Sei reti che impreziosiscono ulteriormente il cammino del difensore, cresciuto giornata dopo giornata. Lui, di quei tre contro il Napoli, era stato l'unico a non aver mai messo piede in campo nella prima parte della stagione. Si è rifatto con abbondanti interessi. Titolare fisso, con una personalità e una determinazione che si vedono raramente in giro. Prestazioni che lo hanno portato in orbita Juventus ma Caldara, a differenza di Roberto Gagliardini, per esempio, non si è mosso da Bergamo. Rimarrà lì ancora una stagione, perché a Torino avrebbe rischiato di non trovare posto, visto che il trio Barzagli-Bonucci-Chiellini non intende concedere spazi (chiedere informazioni a Benatia e a Rugani). Meglio crescere in provincia, con un maestro come Gasperini e con la possibilità sempre più concreta di fare comunque un'esperienza in Europa.

 

 

 

Gasperini che domenica ha passeggiato sui resti del Genoa, casa sua fino a una stagione fa. Il ritorno è stato ricco di rimpianti, più per la tifoseria che per il tecnico. Perché il Genoa ha preteso di fare le cose come se ci fosse ancora lui in panchina. E quindi, smontare e rimontare la squadra senza soluzione di continuità, al mercato estivo come in quello invernale. Un giochetto che è costato il posto a Ivan Juric, partito come “clone” di Gasperini, di cui era stato prima braccio sul campo e poi collaboratore in panchina. Dal suo mentore aveva appreso i segreti tattici ma non della sopravvivenza alle montagne russe imposte dal presidente Enrico Preziosi. E oggi Andrea Mandorlini può solo ringraziare una classifica amica che gli evita una posizione pericolosa. Lo stallo del Genoa è impressionante: sei punti nelle ultime 14 partite, con ben dieci sconfitte. Un cammino che ha infiammato i tifosi e messo Preziosi sul banco degli imputati, senza neppure l'attenuante di un allenatore cui addossare le colpe. E' un conflitto che va avanti a furia di comunicati ufficiali, prese di posizione roboanti e minacce da bulli di periferia. Domenica il presidente ha sfidato la Gradinata Nord prendendo regolarmente posto in tribuna. A catastrofe avvenuta non aveva neppure la forza di salutare chi gli si avvicinava, ritrovandola solo nelle interviste per restituire gli insulti ricevuti. Nella consapevolezza che il suo tempo (forse) è finito.

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