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Le polemiche sui rigori alla Juve sono più stucchevoli di quelle delle femministe

Jack O'Malley

Le squadre più forti e influenti sono inevitabilmente avvantaggiate, e quando fanno carne di porco delle piccole nessuno dice niente, lo scandalo scoppia solo quando di mezzo c’è un’altra società forte e influente

Liverpool. Il dibattito sui rigori dati alla Juve mi appassiona quasi quanto quello sulla moglie di Robert Kelly, il professore diventato famoso in tutto il mondo la scorsa settimana perché interrotto dai due figli piccoli durante un collegamento da casa sua con la Bbc. Nel video a un certo punto si vede entrare nella stanza una donna asiatica che prende i bambini e li porta via. Tanti hanno pensato a una baby sitter, i giornali lo hanno pure scritto. Invece si trattava della moglie, e le femministe con niente da fare se non occuparsi del sessualmente corretto degli altri sono insorte: vergogna, razzismo, maschi bianchi bastardi che appena vedete un’asiatica pensate a una governante! Insomma, come potete immaginare, roba da perderci il sonno (aspetto qualcuno che si indigni perché tutti abbiamo pensato che quelli fossero i figli: e se invece fossero stati i nipoti, o dei nani, o dei trovatelli di passaggio? Basta con questi pregiudizi patriarcali legati a un’idea di famiglia in cui il padre lavora e la moglie si occupa della prole, vergogna!).

 

Ho raccontato tutto questo perché non ho nessuna intenzione di entrare nella surreale discussione sui rigori inesistenti dati (vero Napoli?), o sui gol regolari subìti ma subito annullati (vero Roma?). Avete discusso due giorni sul rigore inesistente del Barcellona, non sarò certo io a farvi smettere di indignarvi perché nel calcio succede quello che succede da sempre: le squadre più forti e influenti sono inevitabilmente avvantaggiate, e quando fanno carne di porco delle piccole nessuno dice niente, lo scandalo scoppia solo quando di mezzo c’è un’altra società forte e influente. Se vi divertite voi, fate pure, io continuo a seguire il calcio inglese, dove situazioni del genere naturalmente accadono in continuazione (abbiamo arbitri grassi e lenti) ma nessuno la mena per una settimana, nessuno accusa i giornalisti in tv, spacca gli spogliatoi, minaccia di schierare la primavera, attacca verbalmente gli avversari perché si lamentano (ok, Mourinho lo fa, ma è tutto parte di uno show più grande) o si vanta di rubare perché vincere è l’unica cosa che conta.


Antonella Fiordelisi (in piedi) vuole mettersi alle spalle le polemiche sugli sms hot di Higuaín. Qui ci mostra tutta la sua passione per la scherma. “Tifo Salernitana”, ha anche detto. Non avevamo dubbi


Qui da noi è stato il weekend delle passeggiate in FA Cup (con la goduria di Chelsea-Manchester United ieri sera): il Tottenham ha battuto 6-0 il piccolo Millwall, il City ha agevolmente sconfitto il  Boro 2-0 fuori casa e l’Arsenal ha fatto il solito errore che fa da dieci anni a questa parte: quando il manager Wenger è in crisi e tutti pensano che sia arrivato il momento buono per cacciarlo, vincono, prolungando l’agonia. Il 5-0 al Lincoln City – prima squadra di dilettanti arrivata ai quarti di finale della coppa d’Inghilterra dal 1914 – non fa che tenere in piedi un’illusione e dà qualcosa da scrivere a noi giornalisti. Come il gol di Balotelli, per cui tutti già si sono affrettati a spiegarci che Super Mario è tornato. In attesa del prossimo flop.

Ai giocatori che ogni volta ritornano e ogni volta immancabilmente deludono preferisco quelli che invece non se vanno mai, come Kazuyoshi Miura detto “il re”, che con il suo gol contro il Thespa Kusatsu è diventato il giocatore più anziano a segnare da professionista. Come dite? Il campionato giapponese non merita una tale considerazione? Certamente, ma nella vita ci sono molti mali necessari. Miura ha segnato a 50 anni e 14 giorni, coronando una carriera lunghissima e mai esaltante (l’idea di andare in Brasile quando aveva 15 anni invece di imparare a giocare in un paese serio ha avuto delle conseguenze) che lo ha visto anche rifiutato in un provino al Bournemouth e mai in una coppa del mondo con la Nazionale. Dopo un lungo peregrinare, è tornato in Giappone con le pive nel sacco, ma senza smettere di giocare, e a questo punto sospetto che lo abbia fatto soltanto per violare il record di Stanley Matthews, l’unico giocatore che ha ottenuto il titolo di “sir” quando era ancora in attività. Aveva segnato a 50 anni e 4 giorni, nel 1965, con il suo Stoke City, la squadra in cui aveva iniziato la carriera. Matthews era convinto di poter giocare ancora un paio di stagioni, ma il club non la pensava così, e ha dato l’addio al campione e alla sua proverbiale disciplina. Il lunedì non mangiava, roba da samurai.

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