Pioli e Corini, ossia come allenare dove i colpi di testa sono pane quotidiano

Leo Lombardi

Il tecnico dell'Inter e quello del Palermo sono chiamati a gestire situazioni complicate: il primo sta cercando di riportare risultati nella Milano nerazzurra degli esoneri in serie, il secondo prova a salvare i rosanero

A 51 anni ci si trova in un'età complicata nel calcio. Soprattutto quando si allena. Non sei più un emergente e rischi di diventare uno buono solo a galleggiare, specie se non ti è arrivata ancora l'occasione importante e se non hai ancora conquistato nulla. Neppure una promozione. Stefano Pioli se l'è vista consegnare (l'opportunità) dalla società più imprevedibile d'Italia, ovvero l'Inter. Un bipolarismo che coinvolge un club intero, non un singolo presidente come capita da altre parti. L'inarrivabile Maurizio Zamparini, per esempio. In casa nerazzurra il colpo di testa è pane quotidiano, sia che con un uomo solo al comando (come ai tempi di Massimo Moratti), sia che si tratti di una multinazionale (come avviene oggi per Suning). Si disfa di giorno quello che si tesse di notte, con tanti saluti agli eventuali progetti.

Guardate la stagione attuale. E' cominciata con Roberto Mancini poi, preso atto dei suoi mal di pancia, è proseguita con Frank De Boer. Capito che ci azzeccava di più il marziano sbarcato a Roma che l'olandese seduto all'ombra della Madonnina, lo si è congedato per l'interregno di Stefano Vecchi in attesa che il casting (manco fossimo a X Factor) svelasse il nome del prescelto. Pioli, per l'appunto. Uno che in carriera proponeva unicamente uno scudetto Allievi nazionali a Bologna. Uno che, in compenso, aveva dalla sua la capacità di portare un minimo di equilibrio là dove era merce rara da troppo tempo. Un lavoro da affrontare con la consapevolezza di dover rincorrere sul fronte italiano e di dover alzare bandiera su quello estero, dove persino l'Europa League si è rivelata al di là delle possibilità nerazzurre. Pioli lo ha fatto, ridestando l'orgoglio nel derby pareggiato, godendosi una vittoria pazzotica con la Fiorentina, ammettendo le colpe del tracollo di Napoli e trovando un minimo di dignità sul fronte internazionale. Un lavoro sul campo e fuori visto che, giusto per non farsi mancare nulla, il tecnico ha dovuto confrontarsi anche sulle precocissime voci riguardanti il suo futuro. Come se non fosse appena arrivato e come se, pur in un mondo volatile qual è il calcio, non avesse un contratto firmato fino al 2018. Era la settimana della partita con il Genoa, perché perdere l'occasione di rivitalizzare l'ipotesi Diego Simeone per l'Inter, visto che in rossoblù gioca il figlio Giovanni? Una frase di quest'ultimo e un'ammissione di papà (“Tutti sanno che un giorno allenerò l'Inter”) avrebbero potuto essere destabilizzanti. Non per Pioli, che ha ridato una parvenza di anima ai suoi in un San Siro nuovamente vuoto e che si è preso la soddisfazione di sculacciare sul campo Simeone junior. Per farlo un domani, forse, con il papà.


Eugenio Corini


A proposito di Pioli e di Zamparini. Il presidente del Palermo ammette sempre che averlo cacciato fu uno dei suoi più grandi errori. Avvenne in tempi rapidissimi nel 2011: contratto a inizio giugno e licenziamento a fine agosto, dopo un'eliminazione nei preliminari di Europa League contro i tutt'altro che irresistibili svizzeri del Thun. Quest'anno Zamparini credeva in Roberto De Zerbi, lo aveva incredibilmente difeso anche dopo sette sconfitte consecutive. Si è risolto ad allontanarlo soltanto dopo essere stato buttato fuori in Coppa Italia dallo Spezia, una figura troppo indecente per poter continuare il rapporto. E' arrivato Eugenio Corini, uno amatissimo a Palermo: lui costruiva e Luca Toni segnava, portando i siciliani prima in serie A e poi in Coppa Uefa. Ma anche l'ex capitano ha capito in fretta quanto sia complicata la missione attuale. I segnali positivi intuiti contro la Fiorentina (vincitrice soltanto all'ultimo assalto) sono stati cancellati dalla sconfitta contro il Chievo, altra squadra che ha avuto parte importante nella vita di Corini. Nel retropassaggio di Goldaniga che libera Pellissier al gol è descritta tutta la sofferenza attuale del Palermo che, in casa, non è ancora riuscito a regalare neppure un pareggio ai tifosi: otto partite e altrettante sconfitte. Le fatiche dell'Empoli rendono ancora possibile una salvezza che oggi appare impossibile. Corini ci crede, deve però trovare chi gli dia una mano.

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