Mandzukic (foto LaPresse)

Il muro invalicabile di Mandzukic e il tacco presuntuoso di Wallace

Leo Lombardi

L'attaccante della Juve doveva fare la riserva di Higuain. Ora è imprescindibile. Mentre l'ingenuità del difensore della Lazio spiana la strada alla vittoria della Roma al derby

Il linguaggio calcistico adora adagiarsi nei luoghi comuni, fatte salve rare (e lodevoli) eccezioni. Una partita decisiva è sempre una finale, un match per la salvezza è sempre un'ultima spiaggia, dopo i supplementari si passa sempre alla lotteria (o alla roulette) dei rigori. Accade da noi, accade altrove. Prendete la Germania e prendete chi si chiama Mario. Sarà inevitabilmente super, per assonanza con Mario, l'idraulico reso fenomeno mondiale dai videogiochi Nintendo. E' stato così per SuperMario Basler, centrocampista del Werder Brema con l'attitudine per il gol. E' stato così per SuperMario Gomez, che in Bundesliga segnava parecchio con Stoccarda e Bayern Monaco prima di smarrirsi alla Fiorentina.

E' stato così per SuperMario Mandzukic, sedotto a abbandonato ancora dal Bayern, complice l'avvento in panchina di Pep Guardiola, uno che con i centravanti grandi e grossi ha sempre avuto un rapporto complicato: l'unica eccezione, Robert Lewandowski. Proprio l'arrivo di quest'ultimo in Baviera ha spinto il croato a salutare un paio di stagioni fa. Prima la Spagna dell'Atletico Madrid, quindi la Juventus dove, come d'abitudine, ha confermato di essere un giocatore che ogni allenatore vorrebbe avere. Perché Mandzukic è uno che lavora tosto, innanzitutto per guadagnarsi il posto. In estate non lo vedi mai nelle formazioni titolari, con il passare delle giornate il suo nome è sempre nell'elenco degli undici scanditi dallo speaker allo stadio. E' successo anche quest'anno. Con l'arrivo di Gonzalo Higuain e il suo carico di 36 gol con il Napoli era pressoché impensabile pensare a Mandzukic, anche perché il ruolo di seconda punta era materia per il talento di Paulo Dybala. Invece i problemi di ambientamento del primo e i guai fisici del secondo hanno aperto le porte della prima squadra a Mandzukic, che le ha chiuse dietro di sé. Ha fatto ciò che ci si aspetta da lui, ovvero i gol. Ha fatto ciò che Massimiliano Allegri gli chiede, ovvero sacrificarsi per la squadra. E' andato anche oltre a quello che dovrebbe fare, come quando si è trasformato in ultimo uomo aggiunto, respingendo con il suo notevole fisico i tentativi dell'Atalanta di rientrare in partita sabato. Un muro compatto sulle conclusioni (in pochi secondi) di Freuler e Gomez. Da vero SuperMario, cui sarà difficile sfilare di dosso la maglia di titolare.

Anche Wallace, nel suo piccolo, aveva eretto un muro contro la Roma. Una buona prova, nel solco di quelle precedenti, valide per giustificare l'investimento della Lazio. Nulla di trascendentale, ma comunque otto milioni per avere questo giovane difensore brasiliano gestito da Jorge Mendes, il portoghese che tira le file del calcio mondiale. In Europa lo porta lo Sporting Braga, che non lo fa mai giocare. Per due anni va in prestito al Monaco, dove raccoglie titoli più per le espulsioni e per le polemiche con il club che per le prove in campo. Però il finale dell'ultima stagione lo vede titolare, la Lazio pensa a lui come a un investimento in prospettiva, anche per i suoi 22 anni. E Wallace riesce a trovare spazio, complici gli infortuni dei compagni di reparto. Simone Inzaghi gli dà fiducia, lui la ripaga, come avviene per gran parte del derby. Fino a quando non scivola nell'eccesso di sicurezza, malattia mortale di ogni difensore. Lo si era visto una settimana fa, con lo sciagurato tacco di Leonardo Bonucci, buono solo per il primo gol del Genoa. Lo si è rivisto domenica pomeriggio all'Olimpico quando, su una palla totalmente gestibile, Wallace decide di superare Strootman in dribbling e anche lui di tacco, come se non bastasse già l'ardire di una simile idea al limite della propria area. Un autolesionismo che si trasforma obbligatoriamente nell'1-0 della Roma e che mette in discesa un derby fin lì complicato. Il primo, per Wallace. Lo ricorderà a lungo.

Wallace durante la partita Lazio - Roma (foto LaPresse)

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