Ozil è il padre del vizio (del gol). I difensori dello Swansea hanno provato a fermare l’Arsenal anche con le ascelle pezzate. Tutto inutile (foto LaPresse)

Il libro di Icardi è come il “negro” di Huckleberry Finn

Jack O'Malley
Confesso di avere esultato al contropiede perfetto con cui l’Everton ha segnato al Manchester City di Pep Guardiola sabato, costringendo la capolista al pareggio 1-1 in casa.

Londra. Confesso di avere esultato al contropiede perfetto con cui l’Everton ha segnato al Manchester City di Pep Guardiola sabato, costringendo la capolista al pareggio 1-1 in casa. Certo, poi vedo che è stata raggiunta dall’Arsenal – che ha le stesse probabilità di vincere il titolo quanto Roma e Milan di essere delle anti-Juve credibili – e mi consolo altrimenti: la Premier League, al solito, è almeno divertente. La serie A, lo scriveva bene ieri Mattia Losi sul Sole 24 Ore, ormai non è neppure all’altezza delle partitelle estive d’allenamento per la Juventus. Se le piccole battono le grandi non è solo perché sono ben messe in campo e tignose, ma perché le grandi fanno tendenzialmente cagare. Ora io non sono così scemo da sostenere che la Premier Legue sia il campionato più performante da questo punto di vista – basta vedere certe figure delle inglesi in Europa – ma, ripeto, almeno qui ci si diverte.

 

Ecco perché mi voglio buttare nell’elogio di Claudio Ranieri, e sì, proprio adesso che ve lo siete dimenticato quasi tutti, e anzi il suo Leicester viene nominato solo come sparring partner di qualche altra formazione allenata da un italiano, per potere titolare pigramente qualcosa sul “derby”. Che i campioni di Inghilterra in carica le avrebbero prese un po’ da tutti in Premier era talmente scontato che persino Ranieri lo aveva detto, fino a farsi sfuggire, pochi giorni fa, quel “puntiamo alla salvezza” che avrebbe dovuto essere programma della scorsa stagione, quella della “favola”.

 

Abbiamo già detto che il manager delle Foxes potrebbe anche passare di casa in casa a sodomizzare tutti i tifosi senza vedere per questo scalfita la sua aura di santità, ma è anche vero che Ranieri avrebbe potuto andarsene la scorsa estate, conscio che mai e poi mai avrebbe potuto ripetere il “miracolo”. Invece è rimasto a prendere schiaffoni da tutti, a giocarsi senza pretese la Champions League e a vedere quasi sicuramente smontata a fine stagione la sua squadra. Lui sorride anche dopo le sconfitte, e fa bene così. Non tutti hanno la classe di stare al proprio posto.

 



Ann-Kathrin Brommel, fidanzata del centrocampista del Borussia Dortmund Mario Götze, non riesce ad appassionarsi alla Bundesliga, e tende ad addormentarsi davanti alla tv quando vede le partite


 

Non so se poteva esserci epilogo più stupido: l’Inter ha deciso di fare al libro di Mauro Icardi quello che le università americane benpensanti fanno alla parola “negro” in Huckleberry Finn. Una piccola censura per mascherare l’ovvio, per correggere un torto che non è un torto. La vicenda cominciata in tragedia è finita in farsa. Tragedia? Addirittura? Non starai esagerando?, mi domandano gli amici più smaliziati. No, non è un’iperbole. E la tragedia è che Icardi ha scritto un’autobiografia a ventitré anni avendo dimostrato poco e vinto nulla, che è un po’ come augurare a se stessi la rottura simultanea di tutti i legamenti del corpo, e in questo testo di mirabile fattura ha violato il codice sacro del rapporto fra curva, giocatori e società. Per parafrasare Donald Rumsfeld, nel calcio esistono cose che non si sanno e non si dicono (quello che succede nello spogliatoio) e cose che si sanno ma non si dicono (quello che succede fra la squadra e gli ultrà). Chi le vìola lacera un codice d’onore che esiste dai tempi della palla di cuoio marrone. Come dite? L’onore non esiste più? Vivo in una bolla romantica e zuccherosa? Facciamo allora la versione cinica e realista della storia.

 

Nel grande show artificiale del calcio ci sono ruoli che ognuno deve rispettare. La curva fa la curva, ossia ringhia, mostra i pugni e teste rasate e si vanta delle sue bravate suoi forum che galleggiano nelle parti basse della rete, gestisce traffici noti e tollerati, distribuisce patenti d’infamia e condiziona le società facendo casino quando serve. Alla fine i capi ultrà vanno in aereo con la squadra, non fanno le trasferte in autostop. Questa dinamica è oscena e connivente quanto si vuole, ma è parte del codice d’onore, o dello show, e dunque la tragedia è non voler capire come funziona il format. La morale non c’entra nulla. Ci sarebbero episodi che avvengono negli spogliatoi che sarebbe moralmente giusto rivelare al pubblico, ma non si fa perché il segreto, in certi contesti, è parte integrante del gioco. Rivelarlo è come strappare il cielo di carta sulla testa di Oreste: non lo si aggiusta con una multa.

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