Michel Platini (foto LaPresse)

L'Uefa del dopo Platini si prepara al nuovo round dell'eterna lotta tra grandi e piccole

Francesco Caremani
Due i candidati per il voto alla presidenza dell’associazione continentale: lo sloveno Ceferin contro l’olandese van Praag. Cambiare tutto per non cambiare nulla?

Après moi le déluge! Probabilmente è questa la frase con cui Michel Platini concluderà il suo intervento al congresso dell’Uefa di Atene che eleggerà il nuovo presidente: lo sloveno Aleksander Ceferin oppure l’olandese Michael van Praag, dopo che lo spagnolo Angel Maria Villar, titolare ad interim, si è ritirato. Il 2016 sarà ricordato per la rivoluzione che ha colpito i governi del calcio mondiale ed europeo. Tagliate le teste di Blatter e Platini, l’impressione è che siamo già oltre il giacobinismo, con Gianni Infantino al governo della Fifa come un uomo solo al comando e lo sloveno lanciato proprio dall’ex segretario generale alla guida dell’Uefa.

 

Trasparenza, riduzione delle spese e dei mandati dirigenziali, sono questi, sulla carta, i tre cardini intorno ai quali si sarebbe dovuta giocare la gara elettorale. Invece i veri temi sembrano essere piuttosto quello dei soldi e dell’equilibrio tra grandi e piccoli, soprattutto in ottica Champions League, con una riforma che dovrebbe premiare (sportivamente ed economicamente) i primi. Riforma che pare non aver allontanato del tutto lo spauracchio di una Superlega mondiale. Boutade? Se da una parte ricorda il cartoon “Holly e Benji, due fuoriclasse” (o la versione 2.0 “Inazuma Eleven”), l’idea è meno peregrina di quanto si possa pensare visto quanto spingono Stati Uniti e soprattutto Cina per entrare dalla porta principale del gioco più bello del mondo.

 

Michael van Praag ha 68 anni ed è a capo della federazione olandese, membro del Comitato esecutivo dell’Uefa (che frequenta dal 1998) è stato presidente dell’Ajax. Ha criticato apertamente Blatter tentando una candidatura presto abortita e se eletto ha promesso che taglierà i costi. Tra i fondatori del G-14, organizzazione dei più importanti club europei da cui nel 2008 è nata l’ECA (European Club Association), le nazioni più piccole lo guardano con sospetto perché lo ritengono l’uomo che plasmerà la Champions League a immagine e somiglianza delle grandi. Una riforma che è criticata, tra gli altri, dall’Epfl, l’associazione delle leghe professionistiche che riunisce 22 dei 55 membri Uefa. E’ evidente che una Champions alla ricerca di sponsor e diritti televisivi e che voglia farsi ammirare pure in Asia e America andrà a collidere con i campionati nazionali, per giorni e orari. L’unica federazione che lo sostiene pubblicamente è quella inglese, per il resto c’è un grande riserbo. Una via di mezzo tra una battaglia psicologica e il timore di aver già perso prima di cominciare, anche se le elezioni Fifa dimostrano che non c’è mai niente di scontato. Grande conoscitore del calcio e della sua governance, secondo i suoi agiografi è l’uomo giusto per guidare il cambiamento senza sconvolgimenti repentini; secondo i suoi detrattori è troppo vecchio per reggerne il peso.

 


Michael van Praag


 

Non è certo un outsider Aleksander Ceferin, 48 anni, avvocato e presidente della federazione slovena. Non ha un sito elettorale e poco si conosce del suo manifesto, ma la favola che racconta è ben costruita. Sarebbero state le federazioni del Nord Europa (Danimarca, Fær Øer, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) a sponsorizzarlo per il dopo Platini. Cosa che, all’inizio, lo avrebbe fatto sorridere: ma poi sono arrivate le telefonate della federazione italiana, dei quella turca e di quella russa a confermargli il proprio sostegno. A seguire, gli endorsement di Albania, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Grecia, Cipro, Montenegro, Macedonia, Romania e Serbia. Ultimi quelli di Francia, Germania e Portogallo. Insomma, se continua così invece che eletto sarà acclamato presidente, come una volta accadeva con i re e gli imperatori. Senza alcun accordo elettorale, senza promesse, senza aver chiesto nulla in cambio. Una favola, appunto.

 


Aleksander Ceferin


 

Ufficialmente piace perché non ha alcuna zavorra (calcistica, amministrativa e generazionale) e perché vorrebbe, sul solco di Platini, una Champions che non escludesse i piccoli dalla torta, anche se poi la vincono sempre gli stessi. La verità, infatti, è che l’Uefa ha paura dei club e le ultime riforme delle coppe europee ne sono la prova, perché una competizione senza le squadre più forti perderebbe appeal e quindi sponsor che aumenterebbero invece in caso di sfide sempre più difficili tra chi ha fatto la storia del calcio e del torneo. Nonostante 1,3 miliardi di euro di premi che distribuirà l’edizione 2016-17.

 

Ceferin ha annunciato che se sarà eletto punterà su una maggiore trasparenza, argomento sul quale invece potrebbe scivolare, viste le accuse circostanziate pubblicate in un’inchiesta dal magazine norvegese Josimar e rilanciate dal giornale olandese Volkskrant (in questo caso di parte), secondo cui la sua candidatura sarebbe sostenuta, con una fine strategia, dallo stesso Infantino e che sia stata promessa l’organizzazione dell’Europeo 2024 o 2028 a uno dei paesi nordici (seguendo un sistema a 24 partecipanti, ma abbandonando la formula che nel 2020 vedrà la manifestazione spalmata per tutto il continente), insieme a una sedia nel board Uefa e alla carica di vice presidente. Su Twitter van Praag ha scritto che “non ci si può fidare di un politico che ha fame di potere”.

 

Secondo le ricostruzioni, il 28 maggio scorso, alla finale di Milano tra Real Madrid e Atletico, Ceferin avrebbe incontrato i rappresentanti delle sei federazioni del Nord Europa, insieme con Kjetil Siem, allora segretario generale della federazione norvegese e undici giorni dopo chiamato da Gianni Infantino a lavorare alla Fifa. Il 3 giugno Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia hanno appoggiato pubblicamente Ceferin. Lui ammette le amicizie ma nega tutto il resto, gli altri ammettono di averne apprezzato la candidatura (e la favola?) ma che questo non rappresenterebbe una automatica dichiarazione di voto. Più inquietante, secondo Josimar, è la figura di Vitaly Mutko, presidente della federazione russa e già ministro dello Sport, coinvolto nello scandalo doping che ha portato all’esclusione di 118 atleti russi dagli ultimi Giochi Olimpici. L’endorsement degli scandinavi sarebbe stato propedeutico a quello russo e dei paesi dell’Est Europa. Né Infantino né Ceferin hanno mai messo in dubbio l’organizzazione dei Mondiali 2018 in Russia, nonostante la conclamata corruzione (come per Qatar 2022). Senza dimenticare che Gazprom è sponsor importante sia della Fifa sia dell’Uefa.

 

Secondo il magazine Josimar, il padre di Ceferin ha ottimi rapporti con la Russia dai tempi della Guerra Fredda e la sua famiglia sarebbe una delle più potenti di tutta la Slovenia. Esperienza calcistica? A parte giocare nella squadra degli avvocati della capitale è stato per sei mesi dirigente dell’Olimpija Ljubljana. Ad Atene i 55 membri dell’Uefa voteranno con scrutinio segreto, al primo turno ci vuole la maggioranza assoluta, dal secondo basta quella semplice, con la corsa al riposizionamento dei dirigenti che hanno paura di aver scommesso sul cavallo sbagliato. Cambiare tutto per non cambiare niente sembra il leitmotiv di questa elezione, tanto poi a decidere sulle cose più importanti, i soldi, ci penseranno i club più forti.

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