Presentazione della squadra di rugby femminile della Gran Bretagna per le Olimpiadi di Rio 2016 (foto LaPresse)

Perché la Gran Bretagna vince così tante medaglie

Stefano Basilico
Con la Russia punita per il doping di stato, gli States in cima al medagliere hanno trovato un altro acerrimo rivale, la Cina. Ma c’è un infiltrato tra le superpotenze. Il Team GB è secondo. Eppure i britannici hanno meno abitanti e un pil pressoché simile a quello di altre nazioni che li seguono a ruota.

Londra. Con la Russia punita per il doping di stato, gli States in cima al medagliere hanno trovato un altro acerrimo rivale, la Cina. Ma c’è un infiltrato tra le superpotenze. Il Team GB è secondo. Eppure i britannici hanno meno abitanti e un pil pressoché simile a quello di altre nazioni che li seguono a ruota. Come spiegare questi successi? Dietro ogni medaglia c’è un pragmatismo tutto britannico, fatto di attenzione alla spesa, obiettivi chiari e ottimizzazione delle risorse.

 

Il primo ad avere un’idea innovativa di finanziamento agli sportivi fu il primo ministro John Major, che nel 1994 decise di riformare la lotteria nazionale, i cui proventi sarebbero andati ad arte, cultura e sport. Da allora a oggi gli scommettitori delle isole hanno versato nelle tasche degli atleti più di 4,4 miliardi di sterline. I fondi vanno direttamente agli olimpionici, tramite gli Athlete Performance Awards, un sistema di bonus legato ai risultati che garantisce un reddito per allenarsi da professionisti. Un medagliato guadagna fino a 28.000 sterline l’anno, quasi 3.000 euro al mese, cui vanno aggiunti gli sponsor. Perché supermercati e produttori di salsicce vogliono gli idoli locali come testimonial, da Mo Farah a Tom Daley, passando per Jessica Ennis-Hill e Nicola Adams. Nessuno li rimprovera per fama, sponsor e vita patinata, come accade a Federica Pellegrini, bersaglio preferito di chi le Olimpiadi le guarda dal divano. Lo stesso “Team GB” è un brand che incassa parecchio. I fondi del ministero per la Cultura, i Media e lo Sport arrivano, tramite l’agenzia UK Sport, direttamente alle varie federazioni sportive. Queste investono in infrastrutture, allenatori (spesso stranieri, se vincenti)  e programmi di allenamento. Inutile dire che Londra 2012 abbia lasciato un’impronta importante, sia in termini di infrastrutture olimpiche disponibili sia in relazione alla cultura sportiva. UK Sport pensa anche a questa parte, con i suoi rami nazionali che presentano programmi contro la sedentarietà e per lo sport nelle scuole.

 

Secondo Sportengland sono quasi 16 milioni gli sportivi della domenica in Inghilterra, un numero che ha visto un’impennata proprio dopo i Giochi di casa. A questo occorre aggiungere un interesse generale per lo sport, che vede nel Regno Unito la culla di molte discipline olimpiche come calcio, rugby, golf, tennis, canottaggio, boxe, ping pong e badminton.
Lo “sport per tutti” però non basta per salire sul podio. Occorre focalizzarsi sui talenti personali e sugli sport in cui si possono vincere medaglie decisive, come avviene per le “marginal seats” durante le elezioni. Girls4Gold, progetto lanciato da UK Sport, è una sorta di “talent” itinerante in cui alcuni specialisti valutano le performance delle giovani sportive. Se meritano, vengono indirizzate verso programmi che potrebbero portarle a competere a livello professionistico, altrimenti viene offerto loro di provare un altro sport. Lizzy Yarnold nel 2008 sognava l’eptathlon. Le è stata offerta un’alternativa: nel 2012 ha vinto il primo bronzo ai Mondiali di slittino, nel 2014 l’oro a Sochi.

 



Rio 2016 ciclismo pista: Gran Bretagna oro inseguimento a squadre (foto LaPresse)


 

Saper gestire le risorse è un talento ben sviluppato oltremanica. Perché investire nel basket quando i team locali non hanno rilevanza in Europa e gli Stati Uniti dominano, ma soprattutto quando occorre investire in un team da una dozzina di atleti per ottenere una sola medaglia? Meglio concentrarsi altrove. Nel ciclismo su strada e su pista, dove c’è più competitività, un numero maggiore di medaglie in palio e meno concorrenza: dal bronzo di Chris Boardman ad Atlanta si è passati ai due ori di Wiggins e Hoy a Sydney, fino alla valanga di quest’anno: 12 medaglie, di cui sei ori. O nella ginnastica, dove dall’argento e tre ori vinti in Australia si è passati a sei medaglie, due d’oro. Gli sport con maggiori possibilità di successo ottengono maggiori finanziamenti e si trasformano in una scommessa vinta.

 

Per Simon Barnes, che ha analizzato la radice dei successi del Team GB sullo Spectator, questi risultati sono il frutto di “una cultura di guadagni marginali e zero compromessi, perseguita con rigore”.

 

Un sistema in cui adrenalina e sudore si mischiano a una pianificazione lungimirante, portando l’Union Jack in cima al medagliere.