Tom Dumoulin è la prima maglia rosa. Apeldoorn e anziane: l'abecedario del Giro d'Italia

Giovanni Battistuzzi

L'olandese della Giant-Alpecin vince la cronometro d'introduzione in Olanda. Buona prova di Vincenzo Nibali che guadagna già sui suoi diretti avversari. Marcel Kittel sorprende: quinto. Vecchie abitudini e sogni europei: in esclusiva, un dizionario per capire cosa dicono i telecronisti della corsa rosa.

Prima tappa: Apeldoorn, cronometro individuale, 9,8 chilometri – Il primo è stato Fabio Sabatini, l’ultimo Michael Hepburn. Questo almeno è stato il principio, ordine di partenza: perché il resto ha detto altro, è stata velocità pura, solitudine a pedali, uno contro gli altri, uno dopo l’altro, cronometro, lancette da stoppare il prima possibile. A farlo è stato Tom Dumoulin, olandese della Giant-Alpecin. Vittoria e maglia rosa in un sol colpo, come stabilisce sempre il programma della prima tappa. E’ stato il più veloce di tutti ad affrontare i 9,8 chilometri della passerella iniziale: 11 minuti e tre secondi, un centesimo appena in meno di Primoz Roglic, uno che sino al 2011 saltava con gli sci e che a sorpresa ad Apeldoorn si stava prendendo successo e simbolo del primato. Un beffa.

 



 

Dumoulin era il favorito, non ha deluso. Avrebbe dovuto duellare con Fabian Cancellara, ma lo svizzero è stato colpito da un virus intestinale alla vigilia: eliminato dalla lotta per la vittoria ancor prima di scendere sull’asfalto. Sfortuna, soprattutto considerato che è il suo ultimo anno, è il suo ultimo Giro d’Italia, era, forse, l’ultima occasione per vestirsi di rosa. E’ arrivato ottavo ed è già questo un mezzo miracolo. Miracoli non ne ha fatti invece Vincenzo Nibali, sedicesimo al traguardo a 19 secondi. Una prova comunque ottima, considerando che, Dumoulin a parte, ha guadagnato su tutti gli altri favoriti per la vittoria finale: cinque secondi rosicchiati ad Alejandro Valverde, ben 21 a Mikel Landa.

 

Così all'arrivo: 1. Dumoulin 11'03"; 2. Roglic ST; 3. Amador +6"; 4. Ludvigsson +8"; 5. Kittel +11"; 6. Moser +12"; 7. Jungels +13"; 8. Cancellara +14"; 9. Brandle +14"; 10. Dillier +16"; 11. Kluge +16"; 16. Nibali +19"; 23. Valverde +24"; 67. Landa +40"

 

 


Abecedario fisso – L'altro Giro d'Italia di Maurizio Milani

 

A come ANZIANE – Una tradizione che c’è sempre stata nel ciclismo è quella delle donne anziane che durante la tappa danno soldi ai ciclisti. Si mettono davanti a casa con tutti i risparmi e quando passa la tappa danno soldi ai corridori. Questo comportamento era giustificato sino al 1952 quando tanti ciclisti erano poverissimi. Oggi non è più il caso. Eppure tante donne anziane vanno avanti a dare i loro soldi a caso. Fino al 1970 i corridori all’arrivo mettevano insieme queste mance e le dividevano in parti uguali. Anche perché c’era chi era destinatario di 15 milioni di vecchie lire e altri solo di 10/11 mila. Dopo basta. Ognuno si tiene quello che si è preso.

 

Il problema è che tante donne anziane il giorno dopo la corsa andavano in comune a chiedere il contributo per l’affitto. Avevano regalato tutto ai corridori. Ecco allora che il legislatore è intervenuto. Le donne anziane che abitano sul percorso di una tappa non possono ritirare i risparmi dalla Posta già da due giorni prima dal passaggio della tappa nella loro zona. Tante dopo la legge hanno preso l’abitudine di ritirarli prima. Altre hanno fatto ricorso al Tar. Per me è giusto. Uno i risparmi li può usare come vuole.


 

 

A come APELDOORN – Apeldoorn è avvio, inizio del viaggio. Da qui parte il novantanovesimo Giro d’Italia. Apeldoorn è Olanda, 155mila abitanti, è partenza inedita per sede, dodicesima oltreconfine. A San Marino nel 1964 la prima, poi due anni dopo il bis: Principato di Monaco, 1966, prima volta fuori confine. E’ a Vincenzo Torriani che si deve questa rivoluzione. Quello che ora è diventato quasi una consuetudine, occasione per incrementare sponsor e visibilità globale, era allora innovazione. Quasi un’ossessione per il più grande patron della corsa rosa nel Dopoguerra. Lui che affiancò nel 1946 colui che il Giro inventò, Armando Cougnet, per sostituirlo nel 1948, lui che scopriva strade e scenari, azzardava salite e spettacolo, sognava in realtà l’Europa, nel senso di Giro di. Nel 1954 mette assieme giornalisti di Gazzetta, Equipe, Sport de Belgique e Parisien e organizza il Tour d’Europe – Panaeuropéenne cycliste. E’ l’anno giusto per realizzare la sua ossessione: è nata la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la base di quella che diverrà l’Unione europea. La corsa parte il 20 settembre da Parigi, finirà a Strasburgo il 3 ottobre dopo aver attraversato Zurigo, Milano, Verona, Innsbruck, Monaco, Stoccarda, Lussemburgo, Liegi, Amsterdam e Gand. Tappe in sette nazioni, settanta corridori provenienti da tredici paesi. La corsa la vinse Primo Volpi, toscano, corridore fenomenale per gambe, ma che venne fregato da una volontà che di professionista aveva poco. Dopo tre edizioni la corsa si eclissa. Torriani inventa, crea, porta il Giro dove il Giro si pensava non potesse arrampicarsi, su sullo Stelvio e sul Gavia, al tempo poco più di un sentiero. Continua a lavorare però sul suo cruccio. Ci riesce nel 1973. Il Giro parte da Verviers, Belgio, poi Germania, Olanda, Lussemburgo e Francia, prima del ritorno in Italia attraverso il tunnel del Monte Bianco. La corsa è un dominio belga, 13 tappe conquistate su 21, un assolo di Eddy Merckx, vincitore finale a Trieste dopo una gara sempre in maglia rosa, primo a riuscirci (Girardengo e Binda fecero lo stesso ma prima dell’introduzione del simbolo del primato).