Quasi quasi mi tatuo sulla schiena i tre würstel inglesi ai tedeschi

Jack O'Malley
Le amichevoli non servono a un cazzo, lo so bene e lo sostengo da sempre, tranne quando gioca l’Inghilterra. Che essendo l’Inghilterra renderebbe memorabile anche una partita di beneficenza tra anziani obesi, purché indossino la gloriosa casacca dei Tre Leoni.

Londra. Le amichevoli non servono a un cazzo, lo so bene e lo sostengo da sempre, tranne quando gioca l’Inghilterra. Che essendo l’Inghilterra renderebbe memorabile anche una partita di beneficenza tra anziani obesi, purché indossino la gloriosa casacca dei Tre Leoni. Sabato sera i ragazzi allenati da Roy Rubizzo Hodgson giocavano a Berlino, contro i simpaticissimi tedeschi, e finalmente Gary Lineker ha potuto aggiornare la sua celebre frase: “Il calcio è un gioco semplice in cui 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania butta via due gol di vantaggio”. Una vittoria inutile e perciò tipicamente inglese, nel senso della Nazionale di calcio degli ultimi cinquant’anni.

 

La Germania in vantaggio 2-0, noi abbastanza annichiliti e senza Rooney. Il gol di Kane è stato un capolavoro, con quel quasi tacco per girarsi in mezzo all’area e quel tiro a incrociare che Neuer ha visto a fatica. Del gol di Vardy non dico nulla perché tutto è già stato detto e scritto. Non cadrò neppure nella tentazione di ribadire il fatto che il bomber del Leicester è di Sheffield come me (non sono mica Roberto Saviano, che dopo la tragedia dell’autobus in Spagna ha scritto un articolo sull’Erasmus solo per farci sapere che lui ha fatto l’Erasmus, spero prima di perdere i capelli). Mi limiterò a dire che servire tre würstel caldi ai tedeschi, l’ultimo proprio a tempo scaduto, è una soddisfazione enorme, che naturalmente pagheremo agli Europei quest’estate, quando perderemo miseramente contro la prima ex repubblica sovietica che passa.

 

Intanto abbiamo battuto i tedeschi ancora una volta, e questo conta. In più abbiamo dimostrato che la fuffa sull’Europa che ci propinano commentatori e osservatori (che poi, che cosa osservano di preciso? Ogni volta che sento la parola “osservatori” penso ai vecchi di fronte ai cantieri) sia buona per gli editoriali del giorno dopo: i fischi ai rispettivi inni nazionali prima del fischio d’inizio valgono più di qualsiasi appello forzato all’unità sentito in questi giorni. E’ certamente più serio quel fan dell’Arsenal, noto su Twitter come @DeejayDt, autore del famoso striscione che ringrazia il manager dei Gunners Arséne Wenger ma gli chiede di andarsene: sabato sera ha scritto su Twitter che si sarebbe tatuato il nome dell’allenatore da lui tanto odiato se Vardy avesse segnato un gol. Come in un libro di Nick Hornby, Vardy ha segnato, e @DeejayDt ha promesso di tatuarsi il nome di Wenger e di postare la foto nei prossimi giorni. Meglio Wenger di Messi, sia chiaro. Leggo che Carla Miranda – una ragazza che, oltre a essere cilena è pure bruttina – si è tatuata la faccia del giocoliere del Barcellona e dell’Argentina sulla chiappa sinistra (i giornali scrivono coscia, ma se quella è la coscia Camillo Langone è un vegano). Non contenta, si è presentata al ritiro della nazionale argentina per fotografarsi con il suo idolo. Non nego di aspettare con ansia le prime smagliature.

 



 

Il più sfigato di tutti è però certamente quel tifoso milanista che un paio di mesi fa si è tatuato sulla schiena il numero 45 e la scritta “Balotelli”. Persino il finto bomber ex Liverpool ha definito “crazy” il gesto del fan. Dubito che ci siano juventini con tatuato sulla schiena il nome di Borriello, o interisti con il 31 di Loris Zanta marchiato sulle spalle. Nulla in contrario, sia chiaro, ma se la storia del tatuaggio è – come sembra – una scusa per incontrare dal vivo il proprio idolo, perché non giocarsela bene e tatuarsi sulla schiena una bella ragazza?

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