Il fardello dell’uomo bianco. Scontro di gioco tra Mata e Sterling durante l’ultimo derby di Manchester. Dalle espressioni dei volti e dalle posture dei corpi è facile intuire quale squadra ha vinto (

Tutti sportivi col derby degli altri

Jack O'Malley
I tifosi del Leicester che rimangono sugli spalti dopo il 90’ a cantare ubriachi sono emblemi del calcio più veri di Messi e Infantino. La lettera di Buffon alla porta segna un grande momento per la letteratura dell’infanzia. A Manchester l’arbitro non prende a testate nessuno.

Leicester. Non ho mai sopportato i tifosi che lasciano lo stadio a pochi minuti dal fischio finale. Non mi riferisco a quei dementi che lo fanno mentre la loro squadra sta attaccando per vincere o per pareggiare – quelli sono irrecuperabili, preferire un ritorno a casa più rapido allo sperare in un gol nel recupero è come preferire la Coca-Cola al brandy – penso piuttosto a chi se ne va verso il parcheggio o la fermata della metro a risultato acquisito, quando neppure un Cristiano Ronaldo in forma potrebbe raddrizzare le cose. Allo stadio si sta fino alla fine, e se possibile pure oltre. Per questo ho brindato ai tifosi del Leicester, sabato, che dopo avere visto la propria squadra battere il Crystal Palace per 1-0 sono rimasti a cantare, ubriachi di amore, nel settore ospiti dello stadio, metre lo speaker chiedeva gentilmente di levarsi dalle palle. Bisognerebbe fare sempre così – non solo quando si vince e ci si avvicina a un titolo storico, sempre. Personalmente adoro restare sugli spalti a osservare il campo vuoto, a commentare ad alta voce con il vicino di posto come sarebbe dovuta andare e non è andata, godermi ancora un po’ l’abbraccio dello stadio. E’ il momento successivo all’amore, comunque sia andata. Perché correre a casa, a rivedere in tv se il gol era davvero da annullare o no, se Rizzoli ha davvero preso a testate Bonucci? Prendiamo esempio dai tifosi del Leicester: restiamo sugli spalti, godiamoci l’orgasmo, meglio se un po’ brilli, a cantare il nostro amore o a bestemmiare il nostro dolore. Non correte verso la vostra auto. Tanto, se quegli stronzi dei tifosi avversari ve la volevano rigare, già l’hanno fatto.

 


La giornalista sportiva messicana Vanessa Huppenkothen ama giocare a calcio in spiaggia. Qui la vediamo rialzarsi agilmente dopo avere subìto un tackle


 

Posso solo immaginare l’orgasmo di Rushford, attaccante di Manchester cresciuto nel Manchester United che segna il gol decisivo nel derby di Manchester in casa del City. Demichelis ancora lo sta cercando al limite dell’area, e Van Gaal ha prolungato l’agonia di qualche settimana almeno. L’eliminazione in Europa League nel duello inglese contro il Liverpool poteva essere cancellata solo con una vittoria nel derby. Così è stato. Già, l’Europa. Posso chiedervi un favore? Mi inviate via email gli editoriali delle pagine sportive dei vostri giornali su quanto erano belle e forti le squadre italiane impegnate nelle coppe e quanto fossero messe male le inglesi? Non ne trovo più da un po’.

 

La lettera che Gigi Buffon ha scritto alla porta dopo aver battuto il record d’imbattibilità è un momento altissimo della letteratura dell’infanzia, genere “lettera che commuove il web” da affiancare a storie di cagnolini in lutto e ai temi delle elementari in cui si leggono storie toccanti. Era dai tempi in cui Oliver Hutton accarezzava teneramente il suo migliore amico, il pallone, che non mi veniva un groppo in gola del genere. Buffon racconta, dandole del tu, che le ha voltato le spalle e ha rinnegato il suo passato per “garantirti un futuro sicuro”, come fosse un titolo in Borsa, un fondo pensione, e poi ha cominciato non solo ad amarla, ma addirittura a tutelarla. E ci si immagina il dialogo stilnovista: Lei: “Ti amo!”. Lui: “Ti tutelo!”. Buffon, si capisce, la tutela non guardandola mai in faccia, e che sofferenza “dovermi voltare per rendermi conto di averti deluso. Ancora. Ancora una volta”. Qui la lettera abbandona il romantico e scollina nell’esistenziale: “Siamo sempre stati opposti e complementari, come Luna e Sole. Costretti a vivere uno accanto all’altro senza mai potersi sfiorare. Compagni di vita a cui viene negato il contatto”. Addirittura si arriva a coniugare il verbo anteporre, scelta non banale per un autore che ha “cercato di sostenere la tua espressione delusa a testa alta, ma sentendomi consapevolmente in colpa”. Sentirsi inconsapevolmente in colpa, del resto, è spesso un’operazione complicata. Si finisce con una promessa introdotta dalla lente distorcente del ricordo: “Avevo 12 anni quando ho voltato le spalle alla porta. E continuerò a farlo. Finché gambe, testa e cuore reggeranno”. Ora, Buffon è un grande portiere. Il più grande di sempre? Possibile. Di certo è da quelle parti, dove i titani si scontrano e i ghostwriter abbondano. Assumerne uno no?

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