Questa sera contro la Juve il Napoli prova a cambiare 15 anni di storia

Leo Lombardi
Dal 2001 a oggi la serie A è un affare a tre sull'asse Torino-Milano. La Roma di Fabio Capello è l'ultima intrusa, la squadra di Maurizio Sarri vuole essere il primo nuovo intruso. Per farlo deve vincere o, almeno, passare indenne dall'anticipo che lo accoglie allo Stadium bianconero.

Per i realisti: sei volte Juventus, cinque volte Inter, due volte Milan, una volta nessuno. Per i revisionisti: otto volte Juventus, quattro volte Inter, due volte Milan. Lo spartiacque è il biennio 2004-06, quello di Calciopoli. Quello dello scudetto revocato ai bianconeri (2005) e quello dello scudetto assegnato all'Inter togliendolo agli stessi bianconeri (2006, il mouriniano “titolo assegnato in segreteria”). Muta la forma, non muta la sostanza. Dal 2001 a oggi la serie A è un affare a tre sull'asse Torino-Milano. La Roma di Fabio Capello è l'ultima intrusa, il Napoli di Maurizio Sarri vuole essere il primo nuovo intruso. Per farlo deve vincere o, almeno, passare indenne dall'anticipo che lo accoglie allo Stadium bianconero. Un successo significherebbe un vantaggio di cinque punti sulla Juventus a tredici giornate dalla fine, un pareggio lascerebbe il divario a due punti, ma con lo scontro diretto alle spalle.

 

Un Napoli campione d'Italia riporterebbe le lancette indietro di un quarto di secolo, il secondo titolo per i campani, l'ultimo di Diego Armando Maradona. Il mondo del calcio, ma non soltanto, da allora è radicalmente cambiato. Erano anni in cui era ancora possibile vedere un Verona o una Sampdoria arrivare davanti a tutti in campionato. Erano anni in cui i soldi non erano tantissimi, ma c'erano per tutti, e rendevano il nostro campionato il paese dei sogni di ogni campione: si guadagnava, ci si divertiva, si vinceva. Basta un dato, proprio di quel 1990. Il Milan conquista la Coppa dei Campioni, la Sampdoria la Coppa delle Coppe e la Juventus la Coppa Uefa, in un finale disputata contro la Fiorentina. Un dominio assoluto, cui manca soltanto la ciliegina sulla torta di un Mondiale da vincere in casa e fallito per una polemica semifinale persa ai rigori contro l'Argentina, in un San Paolo più pro-Maradona che pro-azzurri.

 

Forse proprio quel 3 luglio comincia il decadimento calcistico di Napoli. Diego fugge dall'Italia la notte del 1° aprile nell'anno successivo, inseguito dal fisco e da un controllo antidoping in cui risulta positivo alla cocaina. La squadra non sarebbe più riuscita a entrare tra le prime tre della classifica, con un fallimento sul campo (la retrocessione in serie B con un umiliante ultimo posto nel 1998) seguito da quello societario nel 2004. E' l'anno in cui entra in scena Aurelio De Laurentiis, con ripartenza dalla serie C1. Torna un proprietario con idee e soldi, come non si era più visto dai tempi di Corrado Ferlaino, con presidenze tra il ridicolo e il folkloristico. Un personaggio ingombrante, abituato a comandare come gli accade nel mondo del cinema, ma che sa ricostruire un ambiente devastato, ridare orgoglio alla città e costruire squadre degne di questo nome.

 

[**Video_box_2**]Oggi il Napoli è tornato a essere una grande. O, perlomeno, aspira a diventarlo. Lo fa dopo aver rimesso in ordine i conti, cui De Laurentiis ha posto molta attenzione: quello 2014-15 è stato il primo bilancio chiuso in negativo (una perdita di 13 milioni) dopo otto consecutivi positivi. E lo fa dopo aver corretto il tiro nella gestione della squadra, con un addio senza tanti rimpianti a Rafa Benitez e alle sue ambizioni non sostenute dai risultati. Il Napoli è ripartito da Cristiano Giuntoli direttore sportivo e da Maurizio Sarri allenatore. Il primo si è presentato dopo aver portato il Carpi per la prima volta della sua storia in serie A, il secondo dopo aver salvato l'Empoli con il bel calcio. Sono stati accolti con diffidenza, considerati troppo provinciali oppure troppo di gavetta per una realtà metropolitana. Hanno costruito la squadra secondo i propri canoni, con gente di fatica e di sostanza (vedi Allan e Hysaj). Hanno saputo toccare le corde giuste dei campioni che c'erano già e proprio quei giocatori che avrebbero dovuto snobbare Sarri sono oggi i punti di forza ritrovati, guardate la continuità di Hamsik e la media realizzativa di Higuain. Ma è tutto il Napoli che si muove come un blocco unico, convinto e compatto. Come ha sempre saputo fare la Juventus, l'avversaria cui si pone come più seria alternativa. Non soltanto per l'oggi ma anche per il domani.

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