Cronaca di un derby vinto in redazione

Alessandro Giuli
Quando è entrato in campo Cavanda ho capito che per lo meno non avremmo perso. E insomma è andata così: vincere il derby in redazione, chiuso nell’antro della condirezione, guardando la partita in differita di un minuto.

Quando è entrato in campo Cavanda ho capito che per lo meno non avremmo perso. E insomma è andata così: vincere il derby in redazione, chiuso nell’antro della condirezione, guardando la partita in differita di un minuto, interrogandosi in modo lancinante sugli urli di quelli che intanto la stavano vedendo in diretta (chi ha segnato? Devo gridare anch’io? C’è una finale di briscola a Trastevere?), ha un suo perché. E che meraviglioso perché*… Mio fratello, poi, irriducibile della prima ora, me l’aveva preannunciato alla vigilia: Alessa’, se in curva nord, prima del fischio d’inizio, esce ancora fuori quella bandiera, quella bicolore che porta sfiga, non c’è storia, per noi finisce male. Immagino sia uscita fuori, ci sarà presto un laziale in meno. Pazienza.

 

* Non è vero niente. Quelli che avete visto in tribuna non erano i Cugini di campagna veri. Eravamo io e due miei amici travestiti beatnik e pronti a scavalcare in campo, se buttava male, per bucare il pallone in mondovisione e buttarla in caciara.

Di più su questi argomenti: