Il veneto Nicola Boem vince a Forlì (foto LaPresse)

Boem a Forlì stupisce il Giro. Garzelli sale in ammiraglia?

Maurizio Milani
La fuga beffa il gruppo. Il veneto della Bardiani supera i suoi compagni d'avventura e conquista il suo secondo successo in carriera. Porte fora e perde quasi un minuto da Alberto Contador, che rimane in maglia rosa, e Fabio Aru.
La tappa: Civitanova Marche-Forlì, 195 km - Alla fine la spunta Nicola Boem. Applausi. Dopo le salite, la pianura, ma è pianura che non si sente, che soprende, premia per una volta i corsaggiosi. Nessuno sprint di gruppo, ma una fuga che arriva quando nessuno se lo aspettava. E’ una tappa da inseguimento disperato, per il gruppo, che sbaglia i tempi della rincorsa, che lascia troppo spazio ai cinque in fuga. E’ inseguimento pure per gli avanguardisti, che al chilometro e mezzo dall’arrivo si ritrovano dietro la ruota di Alan Marangoni, uno di loro per quasi duecento chilometri, ma scattato a sorpresa nel tentativo di vincere a casa sua. E’ inseguimento soprattutto per Ritchie Porte, terzo della generale, che si ritrova dietro e staccato da tutti con il gruppo lanciato a 60 all’ora: lascia su un arrivo almeno sulla carta facile oltre 30” dai primi due in classifica. Alla fine brinda Boem, si disperano gli altri, Malaguti per primo, perché è secondo a casa sua, beffato di un niente, piangente.

 

L’altro Giro di Milani


 

Ieri ho incontrato Garzelli in una discoteca di Piacenza. Gli ho detto che voglio comprare una squadra di ciclismo professionista. Ho già deciso che lui sarà il direttore sportivo. Abbiamo parlato tutta la sera, di ciclismo, progetti assieme e anche di cifre (qualche milione di euro) per la squadra da ingaggiare alcuni ciclisti di prima fascia.

 

Garzelli prima di andare via dalla discoteca gli è venuto un dubbio. Io mi ero già cordialmente congedato da lui. E’ andato a parlare con il titolare. Gli fa: “Ma quel signore distinto sui 50 anni che parlava con me è affidabile?”. Il titolare della disco risponde: “Chi? Milani? Ma va è un povero millantatore. Lascia perdere, dice un sacco di balle tutte le sere. Se viene qui un calciatore dice che vuole comprare il Varese Calcio; se viene qui Federica Pellegrini le dice che vuole che lei diventi l’immagine della sua ditta di barche a vela. E’ un barbone”. Garzelli: “Veramente?”. Titolare: “Sì è un barbone e basta”. Garzelli: “Dispiace, perché era l’unico che voleva fare una squadra con me”. Titolare: “Appunto”.


 

 

Amarcord - A Forlì la stazione è fuori dal centro storico, è stata costruita nel 1926, da un lato si va verso Bologna, dall’altro verso Ancona. A Forlì passano regionali, freccebianche e freccerosse, convogli che arrivano, si fermano, ripartono subito. A Forlì però se parli di treno in pochi pensano alla ferrovia, se parli di treno viene in mente la bici, il ciclismo, un nome e un cognome: Ercole Baldini, per l'anagrafe, di Villanova di Forlì, cinque chilometri fuori dalla stazione, per tutti il Treno di Forlì.
 E treno lo è stato davvero Ercole, un rapido, un pendolino, in tutto. In bicicletta ci sale tardi, a 17 anni, ma impara in fretta. Lo si capisce sin dai dilettanti. Baldini vince poco, ma quando lo fa sono imprese: nel 1954 stabilisce il record dell’ora dei dilettanti, due anni dopo, ancora dilettante, quello dei professionisti. Non basta, a quelli che gli dicevano che non era il suo sport risponde con il titolo mondiale di inseguimento su pista e l’oro olimpico sulla prova su strada, staccando tutti in salita.

 

Tra i professionisti arriva con l’etichetta di nuovo Coppi. Ed Ercole non si scompone: al suo primo Giro batte tutti a cronometro e chiude sul podio, terzo; in estate vince il Giro di Romagna e il Giro del Lazio, vince i campionati italiani e a fine anno il Trofeo Baracchi (cronometro a coppie) con Fausto Coppi, all’ultimo successo prestigioso della carriera.

 

[**Video_box_2**]E’ il 1958 però il suo anno. Al Giro i favoriti sono Gastone Nencini, Charly Gaul e Louison Bobet. La strada però dirà altro. Baldini vince subito a cronometro e dopo due tappe è già maglia rosa, primato che però perde subito sulla strada verso Saint-Vincent. All’ottava tappa fa doppietta sempre a cronometro, lasciando il secondo a quasi tre minuti. Fantastico, scrivono, ma in salita lo si batte, dicono. Insinuazioni che diventano realtà nella cronoscalata verso San Marino: primo Gaul, secondo Ercole. Il giorno dopo si corre la quindicesima tappa, Cesena-Bosco Chiesanuova, 249 chilometri, arrivo in salita. Il romagnolo vuole azzittire gli scettici, è stufo del chiacchiericcio e così dà appuntamento ai suoi tifosi sull’ascesa finale. Pianura sino a Verona, poi iniziano le salite, Gaul e Bahamontes sono scatenati, attaccano, scattano a ripetizione, ma Ercole non si muove dalle loro ruote, aspetta l’ultima salita. E' lì che Baldini accelera tre volte: prima dimezza gli avversari, alla seconda accelerazione restano in cinque, con la terza nessuno. Baldini non si gira, continua a macinare rapporto, in 11 chilometri da due minuti a tutti, tranne Brankart, La Cioppa, Bahamontes e Gaul, ossia tutti i migliori scalatori di quel Giro. Mancano ancora le Dolomiti e Baldini vince anche lì, nel tappone Levico Terme-Bolzano, 183 chilometri, con Passo Pordoi, Campolongo e Gardena da affrontare. A Milano arriverà in rosa. "Come Coppi", titolano : il modo di stare in sella, la potenza e l’eleganza sono le stesse, e ora sono arrivate anche le vittorie.

 

Dopo il Giro, Ercole prepara il campionato italiano e lo vince, il Mondiale e lo vince, con un’azione solitaria di oltre cento chilometri. Sono tutti pronti a un decennio di grandi vittorie. Il 1959 però parte male a causa di una tendinite, Baldini non carbura, al Giro è comparsa, vince una tappa al Tour, lo chiude al sesto posto, poi prepara il Mondiale, ma viene operato all’appendice, rientra subito, troppo in fretta e troppo in fretta inizia la sua fase calante. Nell’inverno a causa di una tendinite non si può allenare per oltre un mese. Ingrassa e quei chili gli rimarranno per sempre come zavorra. Baldini perde la sfida con la bilancia, ottiene ancora qualche vittoria ma a 31 anni appena, il Treno di Forlì si autoparcheggia in deposito, saluta tutti e si mette in ammiraglia.

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