Il derby romano, per ora, lo vince Lotito

Pierluigi Pardo
La lobby potentissima dei parrucchieri romani esulta. Lazio Roma si gioca di lunedì. Ha deciso così la Lega, cioè, dicono i maligni, Lotito, dopo essersi consultato con se stesso e aver deciso che quattro giorni di riposo per lui non potevano bastare.

La lobby potentissima dei parrucchieri romani esulta. Lazio Roma si gioca di lunedì. Ha deciso così la Lega, cioè, dicono i maligni, Lotito, dopo essersi consultato con se stesso e aver deciso che quattro giorni di riposo per lui non potevano bastare. Per carità, il caso non è facile, mancano i precedenti e la Lazio non vuole sentirsi penalizzata dall’impresa bianconera a Madrid che anticipa la finale di Coppa Italia. Qualsiasi decisione avrebbe fatto scontento qualcuno, in un groviglio complesso che non si esaurisce all’interno del Grande Raccordo Anulare, visto che ci sarebbe anche il Napoli a chiedere contemporaneità, ma questa è un’altra storia. Per ora l’hashtag #spostaconlalega domina incontrastato, domani invece toccherà al Campo.

 

La Lazio sta bene, ci crede e spesso in Coppa Italia ha battuto i bianconeri. La Juve sembra avvolta da un’aura soprannaturale. Ormai fa pure le vittorie involontarie, una magia continua che trasforma Handanovic in paperone, Morata in Bomberone, Messi in avversario fortissimo ma battibile, anche se servirà la partita perfetta, il 6 giugno, dalle parti della Unter den Linden.

 

Fassina minaccia di lasciare un Pd troppo maggioritario. Salvini viene accolto entusiasticamente sia con la felpa “Viareggio” che con quella “Massa”. Il Frosinone segue il Carpi e vola in A. Benítez è a un passo dall’addio, dopo aver fallito clamorosamente a Kiev (complimenti agli ucraini per lo stadio senza barriere con annessa pericolosissima invasione totale), tradito dal Pipita.

 

Steven Gerrard saluta 709 partite dopo. Il suo è stato un calcio anarchico e entusiasta, pieno di spirito e di qualche caduta, come lo scivolone contro il Chelsea che è costato il titolo l’anno scorso.

 

BB King se ne va invece lasciando nelle vene bianche del suono di Clapton e Bono, di Cocker e degli Stones lampi di malinconia e ritmo nerissimi. Come ha fatto Big Man Clarence Clemons, lui e il suo sax quasi quattro anni fa.
Se non lo conoscete cercatelo su YouTube, chiudete gli occhi, e poi mi dite.

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