Il basco Inat Intxausti

Fuga vincente di Intxausti nel Giro dei cambi hackerati

Maurizio Milani
Il basco ottiene il successo a Campitello Matese, secondo arrivo in salita di questa edizione. Aru prova a staccare tutti ma Contador resiste e mantiene la maglia rosa, nonostante una spalla ancora dolorante. Domani ancora salita per i corridori. Intanto in corsa ritorna Piero Angela.

La tappa: Fiuggi-Campitello Matese, 186 chilometri – Ancora una fuga che va a buon fine. Ancora un arrivo in salita vinto da lontano, dopo oltre cento chilometri al vento senza la protezione del gruppo. Benat Intxausti, basco, vince in una giornata basca, di pioggerella e vento, di salita continua e nuvole veloci. Vince di forza e furbizia in una tappa combattuta, dall’inizio inizio frenetico, dai tantissimi tentativi di fuga, l’ultimo, quello buono, il suo. Intxausti e altri dieci, davanti Steven Kruijswijk, sempre, prima da solo, poi con Betancour e Vandewalle. Li lascia sfogare, faticare in tre quando sarebbe stato meglio farlo in dodici, li riprende, li stacca e vince.

 

Dietro, alle sue spalle è la solita sfida Aru-Contador-Porte, ma non più esclusiva. Con loro c’è Uran, lo sconfitto dell’Abetone, e Damiano Caruso che può essere sorpresa annunciata del Giro, che intanto resiste, non molla, ci spera. Aru allunga più volte, ma non riesce ad andarsene, Contador controlla anche con una spalla ancora dolorante, Porte cerca di sfruttare il momento buono, ma non lo trova. Si risolve allo sprint, con il sardo ancora davanti allo spagnolo, ancora davanti all’australiano. Niente di fatto, domani un nuovo esame, complicato e pieno di insidie. Chissà.

 

 

L’altro Giro di Milani


 

Per caso ieri ho incontrato al Giro Piero Angela, inviato alla corsa del 1965 e anche altre volte. Essendo una persona sempre informata su tutto gli ho fatto un po’ di domande. Io: “Dato che i corridori hanno il cambio Wi-fi uno da casa che ci sa fare con le cose da hacker può con il suo computer far saltare su e giù la catena di Aru?”

Piero Angela: “Non penso, dovrei chiedere a Davide Cassani”.

 

Telefonata intercettata (da mio suocero) tra Piero Angela e Davide Cassani

 

Piero Angela: “Ciao Davide, devo chiederti una cosa: Dato che i corridori hanno il cambio Wi-fi uno da casa che ci sa fare con le cose da hacker può con il suo computer far saltare su e giù la catena di Aru?”.

Cassani: “Ciao Piero, non lo so, devo chiedere”.

Piero Angela: “Chiama la Nasa”.

Cassani: “Non ho il numero”.

Piero Angela: “E’ facile, basta che chiami l’1 e poi aspetti 35 secondi esatti poi digiti il 5 e ti risponde il centralinista”.

Cassani: “E’ un ex astronauta”.

Piero Angela: “Non andrebbe detto, ma diciamolo lo stesso, no, è uno di Piacenza che non è neppure astronauta. Dispiace dirlo ma l’ha piazzato lì Moser”.


 

 

Amarcord – L’Italia ha ricercato un erede di Fausto Coppi per almeno un trentennio e forse lo sta cercando ancora. Ogni decennio ha avuto il suo “coppino”, bastava il talento, uno scatto, qualche vittoria, un naso aquilino per essere al centro dell’attenzione della stampa, per avere attributo questo nomignolo. Gli anni Sessanta sono stati quelli di Guido Carlesi, primo Coppino, i Settanta – a tratti – quelli di Fausto Bertoglio, gli Ottanta quelli di Franco Chioccioli.

 

Dalla seconda metà degli anni Ottanta il nome di Franco Chioccioli viene associato a quello di Fausto. Franco è un giovane di ottime speranze, è un passista che in salita va forte, che come il Campionissimo scale le montagne seduto, mettendo sui pedali forza e agilità, che non scatta ma allunga. E poi quel profilo che ricorda l’Airone, ne ricalca i tratti. Lo iniziano a chiamare Coppino. Lui sorprende nel 1985 e nel 1986, vince due tappe al Giro, entra tra i primi dieci della classifica generale. Delude nel 1987, si riscatta nel 1988.

 

E’ il 28 maggio, è la sesta tappa, Santa Maria Capua Vetere-Campitello Matese, 137 chilometri. E’ la prima tappa di montagna, due colli da scalare prima di quello finale. Il gruppo va forte nella prima parte della tappa, i gregari degli scalatori in gruppo fanno corsa dura per cercare di affaticare i cronoman. Sull’ultima ascesa i migliori sono tutti davanti, sono scatti e controscatti, velocità ascensionale. Negli ultimi due chilometri davanti rimangono in una dozzina. Franco fatica nei primi chilometri, poi trova il ritmo, si mette davanti e accelera. Il gruppetto si sfaglia, uno dopo l’altro i favoriti si sparpagliano lungo la salita. Rimane solo, continua a fare ritmo, vince, lasciandosi dietro anche Hampsten e Zimmermann, gli ultimi a cedere. Manca la maglia rosa per 45”. Appuntamento rinviato. Sei giorni dopo nella tappa di Selvino. Va forte, in salita non perde un metro e diventa il favorito per la vittoria finale. Il 5 giugno si corre la tappa più dura, la Chiesa Valmalenco-Bormio, 120 chilometri, con il Passo dell’Aprica e il Passo Gavia da affrontare. Alla partenza piove, fa freddo e tira vento, sull’Aprica pure, sul Gavia inizia a nevicare. I corridori chiedono di annullare la tappa, il patron Torriani rifiuta, si continua a correre. L’olandese Van der Velde è in fuga, ha un vantaggio notevole, va a caccia dei punti per la maglia ciclamino. Scala i 2.621 metri in maglietta, i fiocchi di neve che scendono, la temperatura si abbassa. In cima si tocca lo zero termico. L’olandese scollina, scende dalla bicicletta, quasi sviene, lo portano nel rifugio, lo scaldano con coperte, grappa e tè caldo, rischia l’assideramento. Si riprende si fa prestare un maglione e una giacca a vento e affronta la discesa. Arriva al traguardo 50 minuti dopo il primo. Vince Breuking con un’azione al limite della follia in discesa. Chioccioli invece si perde. In salita va in difficoltà, la maglia rosa ghiacciata, il freddo che gli gela le gambe, va peggio in discesa, si blocca, non sente più le mani, arriva a cinque minuti dall’americano Hampsten, saluta le ambizioni di vittoria. Si rifarà nel 1991 quando ormai tutti pensavano che Coppino si fosse perso nelle sue paure, in quel soprannome forse troppo pesante da portare.

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