Camera dei Deputati, lectio magistralis del governatore di Banca d’Italia Visco (LaPresse) 

I torti della politica che urla contro la Bce e le ragioni del governatore

Lorenzo Borga

Paradossale che la politica si intestardisca contro Francoforte quando l’Italia è tra i paesi più colpiti dall’inflazione. Visco nei giorni scorsi aveva suggerito ai suoi colleghi e a Lagarde una maggiore “prudenza”. Bankitalia ha fatto centro

La politica italiana, con pochi esclusi, critica da mesi ogni rialzo della Banca Centrale Europea. Ma lo fa ripetendo argomenti fallaci e che non tengono in considerazione quanto accaduto negli ultimi mesi. È successo anche questa volta, a partire dalle voci ufficiali dello stesso governo, che si è esposto con il ministro degli Esteri Tajani: “La Bce non si sta muovendo nella giusta direzione, a nostro giudizio non è un buon modo di affrontare l’inflazione”. Fino alla Lega, in cui Salvini ha mandato ha lasciato briglia sciolta ai suoi parlamentari più agguerriti: “La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di interesse senza pensare alle cause effettive dell'inflazione che permane largamente guidata da problemi di offerta e non da domanda eccessiva” hanno scritto Borghi, Bagnai, Rinaldi & co. Ma di questo avviso sono pure le opposizioni, in particolare il Movimento 5 Stelle che ripete che questa inflazione non è “generata da un eccesso di domanda aggregata, ma dipendente dall'offerta, e in particolare a causa dei costi energetici” (Patuanelli dixit).

  

La riscoperta passione per i politici italiani per la macroeconomia è encomiabile, ma proprio nel corso della conferenza stampa di giovedì scorso la presidente Christine Lagarde ha presentato dei nuovi dati che cozzano con la narrativa italiana. Secondo le nuove previsioni di marzo della Bce infatti l’inflazione è stata rivisita finalmente verso il basso. Nel 2023 il rialzo dei prezzi dovrebbe attestarsi al 5,3 per cento, e non più al 6,3 come stimato lo scorso dicembre. Una splendida notizia, dal momento che da due anni a questa parte le previsioni non facevano che peggiorare: l’inflazione 2023 è stata rivisita ben sette volte al rialzo da Francoforte, prima della stima al ribasso arrivata appunto giovedì. E per quale motivo le stime scendono? Per i prezzi energetici crollati negli ultimi mesi, che invece secondo la politica italiana spingerebbero al rialzo l’inflazione. Ma in realtà il caro energia non avrà sostanzialmente alcun impatto sul rialzo dei prezzi 2023. Le critiche che arrivano dalla politica romana sono ormai datate: il caro energia, la scarsità di materie prime, la carenza di microchip, le difficoltà dei sistemi di trasporto a rimanere dietro agli ordini (ricordate le code davanti al porto di Shanghai?) sono ormai per lo più dimenticati. Il rallentamento economico e l’adeguamento dell’offerta grazie agli investimenti effettuati negli ultimi anni stanno ormai risolvendo i colli di bottiglia generati con le riaperture post-pandemia, come ha detto il capo economista della Bce Philip Lane.

Ma l’inflazione non è ancora sconfitta nonostante il ribasso dei prezzi energetici, e anzi il caro energia sta contagiando il resto dell’economia. Non è un caso che l’inflazione cosiddetta di base, che esclude cioè i prezzi più volatili di energia e alimentari, crescerà nel 2023 rispetto a un anno fa, e che le sue previsioni sono in peggioramento a dispetto del ribasso delle stime sul dato generale. Proprio l’inflazione di base pare mese dopo mese sempre più determinata da fattori di domanda più che di offerta. E il rischio è che con un rialzo dei listini così forte e così persistente, gli europei alla fine si abituino e inizino a richiedere aumenti salariali (+5,4 per cento previsto nel 2023) che determinerebbero insostenibili livelli di inflazione anche in futuro. E lo stesso potrebbero fare le imprese, mantenendo alti i prezzi nonostante i cali dei costi di produzione, ingrassando i profitti. Ecco perché la Bce ha alzato e probabilmente aumenterà ancora il costo del denaro e dei prestiti, per correggere le aspettative sul futuro.

Detto ciò, è a dir poco paradossale che la politica italiana si intestardisca in questa battaglia contro la Bce quando l’Italia è tra i paesi più colpiti dall’inflazione. Che erode il potere d’acquisto delle famiglie sui consumi e sui risparmi, che agli italiani – si sa – piace tenere sul conto corrente.

Ma l’Italia non si è contraddistinta solo per critiche generiche e non fondate sui dati, per fortuna. Il governatore Ignazio Visco nei giorni scorsi aveva suggerito ai suoi colleghi governatori e alla presidente Lagarde una maggiore “prudenza, facendosi guidare dai dati che via via si renderanno disponibili” per non “mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa”. La Banca d’Italia ha fatto centro, dal momento che nel comunicato della Bce e nel discorso di Lagarde non hanno più trovato posto previsioni al rialzo per i prossimi meeting. L’Italia che non urla, ma incide.

 

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