
LaPresse
nella gabbia dei social
I forsennati dello showbiz non tollerano pause dallo spettacolo social
Manifestazioni sotto casa per i Ferragnez che non si fanno vedere online e indignazione per Hugh Grant che risponde a monosillabi la sera degli Oscar. Il dramma dello “show” che, come da locuzione, “must go on”
Che la logica del “facce ride” sulla quale ormai si basa il gran traffico dei social fosse giunta a un grado di pericolosità superato il quale sarebbe rimasta solo l’accetta della Annie Wilkes di “Misery”, s’era capito quando, chiuso il festival di Sanremo sul bacio molto telefonato di Fedez con Manuel Rocati in arte Rosa Chemical con codazzo di illazioni sullo stato del suo matrimonio con Chiara Ferragni, una fan milanese dalla sintassi incerta aveva lanciato su Twitter la proposta di un flashmob allo scopo di far riconciliare la coppia. L’incontro si sarebbe tenuto in piazza Duomo e sarebbe stato accompagnato da striscioni e t-shirt. Incredibilmente, oltre al solito quarto d’ora di celebrità, la signorina aveva raccolto un numero di adesioni superiore agli insulti. Nessuno di questi protagonisti dell’esistenza per interposta persona, il genere al quale un tempo potevi suggerire di farsi una vita e adesso no perché suoneresti “escludente” in un mondo dove anche il laboratorio di analisi sottolinea con sussiego che “condividerà” solo con te via mail le informazioni sullo stato delle tue piastrine, grazie infinite credevo ci fosse una legge a tutelarmi, voleva infatti perdersi una puntata del suo serial preferito, gratuito e in apparenza senza pubblicità. L’estremizzazione del concetto dell’inclusione a ogni aspetto della vita era già stata ipotizzata da Carl Einstein cento anni fa nel ferocissimo saggio “Snob” in cui teorizzava come la società del consumo, basata sulla riproduzione infinita, ci avrebbe portati a confondere i piani logici della similitudine, ma di certo nemmeno lui, l’espressionista del pensiero filosofico, avrebbe potuto immaginare che la nascita dei social, al tempo stesso libera narrativa e sistema di controllo fra individui, avrebbe instillato in questi rapporti già falsati il senso di un possesso geloso. Misery non deve morire, i Ferragnez devono restare insieme a vita. Non è da escludere che se la promotrice del flash mob avesse avuto sottomano per qualche ora i signori Lucia, nom de famille della coppia Ferragnez, li avrebbe segregati almeno per qualche ora, fosse solo per spupazzarseli un po’ e come ovvio trasformare il video del sequestro in una cliccatissima “stories”, come tutti chiamano quella funzione di Instagram che permette di caricare filmini temporanei e che immancabilmente scrivono al plurale, stories e non story, perché l’hanno trovata indicata così fra le opzioni d’uso e non si sono mai domandati se non fosse più corretto definire ogni video caricato sul social al singolare, una story per volta. Hai messo la stories.
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