(foto Ap)

casistiche inutili

Non è un problema filosofico se una coppia ordina lo stesso piatto al ristorante

Mariarosa Mancuso

Il Post riprende l'articolo del Washington Post che descrive la cena di Jill e Joe Biden: rigatoni sia per lui sia per lei. Ma nella versione italiana il fatto ha le coloriture di un dramma. Vien da chiedersi: "Perché nessuno riesce a farsi i fatti propri mai?" 

Franca Valeri, fine anni Cinquanta (del secolo scorso): “Se mi chiede ‘signorina cosa prende?’ io ci dico una menta, perché, sa, la prontezza nell’ordinazione fa la signora”. Titolo del Post, anni Venti (di questo secolo): “Un acceso dibattito sulle coppie che ordinano la stessa cosa al ristorante”. 

Franca Valeri era una grande comica e una grande scrittrice. Il Post ha fatto la sua fortuna – relativa, parliamo di giornalismo – promettendo “cose spiegate bene” – il retrogusto da banco scolastico evidentemente attizza le generazioni che non hanno mai visto un professore seduto dietro la cattedra – sopra, semmai.

Franca Valeri raccontava la manicure Cesira, e il suo desiderio di ben figurare in società. Il Post sottopone alla cura delle “cose spiegate bene” la cena della coppia Joe e Jill Biden, prima che il presidente partisse per Kyiv. Rigatoni per lui e rigatoni per lei. “Chi fa mai una cosa del genere?”, si era chiesto il Washington Post. Applausi al social manager: oltre 2.000 lettori commentano l’articolo. La domanda, da peregrina che era, finisce per sembrare seria. Come succede alle sciocchezze scritte su Twitter, o Instagram, pure sulla stola di seta bianca a Sanremo, quando escono dal contesto e attirano giri di frase come “in ultima istanza”.

Quando la faccenda arriva sul sito del Post ha le coloriture di un dramma. Di un problema filosofico da sviscerare. Di una regola del galateo – vedi alla voce coppia, e vedi alla voce ristorante, e soprattutto alla voce “ma perché nessuno riesce a farsi i fatti propri, mai?”. Esempi, controesempi, vantaggi e svantaggi, come se in gioco ci fosse un equilibrio da non turbare. Avete ordinato lo stesso piatto di maccheroni al ristorante? Pazzi, vi aspettano sette anni di guai. Avete ordinato rigatoni con il ragù? Tutti e due? Ma non sapete che così l’impronta carbonica cresce a dismisura? Se uno mangia il ragù di carne l’altro deve compensare con un’insalata. 

Meno male che era vietato vietare (in tempi più vicini a Franca Valeri che ai nostri). Anche il ristorante sta diventando un luogo dove stare tranquilli è difficile. Si dà per scontato che “ci siano convinzioni alquanto radicate su come deve comportarsi una coppia al ristorante”. E dunque: “In ultima istanza i piatti che si scelgono sono ciò che definisce l’esperienza stessa quando si va a mangiare fuori”. E cosa succede a chi, quando sente la parola “esperienza”, cerca una mitraglietta che spari almeno un appiccicoso sciroppo?

Testuale: “Le coppie più metodiche scandagliano il menu (forse ‘esaminano’, nell’italiano parlato bene, o nelle buone traduzioni), scelgono due piatti che piacciono a entrambi e fanno esattamente a metà”. Senza litigare, s’intende: “Di solito seguono recensioni sui piatti appena assaggiati e compiaciute valutazioni sull’aver condiviso l’esperienza” – la coppia è sempre peggio tradotta, e sempre meno frequentabile.

Finito con la casistica? Macché. Ci sono anche le coppie che prendono due piatti diversi, e invece di dividere a metà cedono porzioni più o meno abbondanti. O assaggiano dai piatti altrui, come si diceva facesse l’editore Giulio Einaudi – non tutti i commensali apprezzavano “il diritto di beccata”, ma era difficile sottrarsi.

Ci sono le coppie che ordinano due piatti diversi, ma uno dei due sbaglia sempre, e l’altro si sacrifica fingendo di desiderare tanto le cervella fritte. Son le coppie che poi divorziano con grandi litigi e tragedie. Gli amici commentano: “Andavano così d’accordo, si scambiavano sempre i piatti al ristorante”. Bastava ricordare l’unica e infallibile regola: quel che sta nel piatto del vicino è sempre più appetitoso di quel che hai ordinato tu.

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