Foto: Unsplash/Charu Chaturvedi

come cambiano i tempi

Che triste il mondo in cui gli scemi sono invisibili e i villaggi sempre più scemi

Sergio Belardinelli

Si stava meglio quando il tragico conviveva con la leggerezza: oggi invece la demenza, la malattia, la morte ci sconvolgono

Ho letto da qualche parte, non ricordo dove, che dietro ogni scemo del villaggio c’è un villaggio scemo. Sono d’accordo. Ma vorrei spiegare perché, sperando di non offendere nessuno.

Chi ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un piccolo paese cinquanta o sessant’anni fa sa bene di che cosa sto parlando. Erano tempi in cui le disabilità mentali, accompagnate spesso a disabilità fisiche, venivano fatte oggetto di prese in giro di cattivissimo gusto, a volte persino crudeli; tempi di cui non è proprio il caso di avere nostalgia. Eppure, fatta questa premessa, in quei tempi per tanti versi durissimi, c’era qualcosa che rendeva forse meno dura la vita dello scemo e meno scemo il villaggio. Anzitutto la povertà diffusa, dalla quale per fortuna si incominciava a uscire, faceva sentire tutti, chi per un verso chi per un altro, dei poveri disgraziati. Lo scemo aveva i suoi problemi, ma anche gli altri avevano i loro, e questo induceva a una naturale, per quanto rozza e scontrosa, solidarietà.

Erano passati da poco gli anni in cui era del tutto normale andare dal vicino a chiedere un pizzico di sale, un pezzo di pane o un goccio d’olio, perché ci si era dimenticati di comprarlo, ma anche perché non si avevano i soldi per comprarlo. Si dava e si riceveva brontolando, senza spendere inutili parole. Erano passati da poco gli anni in cui, salvo poche famiglie di fortunatissimi, tutti conducevano più o meno la stessa vita, mangiavano e vestivano più o meno allo stesso modo, dovevano uscire di casa o sul ballatoio per andare al cesso. Questa era la vita della quale ho sentito l’eco vicinissima nel paese dove sono nato e cresciuto.

Quanto allo scemo, egli era spesso schernito, sì, ma non emarginato. Lo si incontrava regolarmente a scuola, per strada o nei luoghi dove si andava a giocare. Insomma lo si vedeva, esisteva. Inoltre insieme a chi lo sbeffeggiava c’era sempre anche qualcuno che prendeva le sue difese. Il difensore di oggi era lo stesso che magari il giorno prima lo aveva preso in giro, ma anche questo dava l’idea di una convivenza che cercava di essere umanamente decente. Nelle partite a pallone che si facevano sulla piazzetta lo si metteva in porta, in chiesa il parroco gli faceva tirare la corda delle campane, il fornaio gli regalava un maritozzo. Ripensandoci oggi, direi che, sia nei gesti di scherno che e in quelli solidali, era come se tutti cercassero di esorcizzare una tragedia più vasta, una tragedia che in qualche modo toccava tutti e nella quale ci si immedesimava. In questo senso davvero si era tutti scemi.

Diverso e più crudele era ovviamente il comportamento di coloro che avrebbero voluto lo scemo del villaggio rinchiuso da qualche parte o quello di certuni che avrebbero voluto insegnargli la buona educazione a suon di sberle, tanto più forti quanto più lui sembrava ignaro di ciò che gli stava succedendo intorno. Allora anche questi comportamenti erano piuttosto diffusi e questo è uno dei motivi per cui dicevo che di quei tempi non è proprio il caso di avere nostalgia.

Non sono però sicuro che le cose vadano meglio oggi. Abbiamo bandito l’uso della parola “scemo” ed entro certi limiti è senz’altro importante. Trovo tuttavia strano che in un mondo popolato ormai soltanto da “diversamente intelligenti”, coloro che venivano chiamati scemi siano letteralmente scomparsi. Di sicuro in giro non se ne vedono più. Sarebbe bellissimo che fosse perché, essendo diventato naturale per tutti considerarli uguali agli altri, non ce ne accorgiamo più. Ma in realtà è proprio perché non ci sono. E allora dove sono finiti? Li abbiamo forse rinchiusi da qualche parte? E’ probabile.

La mia impressione è che il senso del tragico di cui parlavo sopra riusciva a convivere paradossalmente con la leggerezza. Invece oggi la demenza, la malattia, la morte ci sconvolgono. Riderne è roba non soltanto di cattivo gusto, ma per molti addirittura da galera. Le operazioni di pulizia linguistica che stiamo disperatamente mettendo in atto da anni al fine di addolcire in qualche modo la realtà ci rendono sempre più ridicoli e risentiti. Così c’è il rischio che gli scemi siano sempre più invisibili, più soli, e i villaggi sempre più scemi.

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