PUBBLICITÁ

il "capitano di Köpenick"

Wilhelm Voigt, il brigante-sociologo che appassionò i tedeschi, incluso il Kaiser

Daniel Mosseri

A cent’anni dalla morte. Storia del bandito che, sfruttando uno storico vizio dei tedeschi, mise a segno un colpo che gli valse la popolarità. Persino tra le fila reali

PUBBLICITÁ

Fuorilegge dediti alla rapina, al furto di soldi e di bestiame, a volte belli e dannati, oggetto di studio da parte dei sociologi non senza incursioni nella letteratura. Il fenomeno non è esclusivo dell’Italia ma comune ad altri paesi del Mediterraneo. Eppure, sorpresa, anche la più composta Germania ha un malvivente amato da tutti anche se non era né bello né fascinoso, né combatteva al soldo di nessuno. 100 anni fa moriva Wilhelm Voigt, il più famoso brigante tedesco, le cui azioni criminali attirarono l’attenzione dello stesso Kaiser Guglielmo II.

 

Nato nel 1849 a Tilsit – oggi cittadina russa dell’exclave di Kaliningrad al confine con la Lituania, allora porta di accesso alla Prussia orientale – alla soglia dei sessant’anni, Voigt era un mito in tutto il Reich. E il merito non era certo del suo bell’aspetto: al contrario un dispaccio del 1906 della polizia di Berlino lo descrive come magro, alto circa 1,75 m, la testa china in avanti, i capelli grigi cortissimi accompagnati da un paio di baffi parimenti grigi, una barbetta biondo-rossiccia, “un incarnato patologicamente giallognolo, zigomi sporgenti, occhi infossati, orecchie grandi” e, tanto per essere precisi, “sorprendentemente brutto”. Le sue gesta gli varranno il soprannome di “capitano di Köpenick”. Un nome che risorse nel 1931 come titolo di una pièce satirica del drammaturgo di origine ebraica Carl Zuckmayer riparato nel 1938 negli Stati Uniti. Anche la tv tedesca ha prodotto a più riprese sceneggiati televisivi su Voigt mentre l’opera di Zuckmayer ha conosciuto adattamento in più lingue, italiano compreso.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

A colpire l’immaginario dei tedeschi fu un’accoppiata più unica che rara: l’audacia del più famoso colpo messo a segno da Voigt e la sua capacità di sfruttare un vizio da lui rimproverato ai tedeschi, vale a dire la cieca obbedienza alla legge e alle uniformi. Dopo i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti e il processo di Norimberga, fior di storici e intellettuali analizzeranno questa tendenza tutta tedesca. Ma Voigt non era un uomo di lettere: nato in una ambiente proletario, il piccolo Wilhelm, ricorda Cicero, era cresciuto nel mito del militarismo prussiano grazie ai racconti dei nonni sulla campagna di Germania del 1813 contro Napoleone. La carriera militare, tuttavia, gli fu subito preclusa: a 14 anni fu condannato per accattonaggio, dovette lasciare la scuola e ripiegare sul mestiere di ciabattino. Voigt si trasferisce a Berlino dove diventa falsario di professione ricavandone 12 anni di carcere.

 

Scontata la pena, irrompe in un tribunale con un ex detenuto per rapinare la cassa delle corte ma invece dei soldi finisce in carcere per altri 15 anni. A 57 anni suonati non gli resta che tentare il colpaccio: l’ex calzolaio assembla uniformi di risulta e assume le sembianze di un capitano dell’esercito. Il 16 ottobre del 1906 si reca presso lo stabilimento balneare militare di Plötzensee: qua ordina a un drappello di soldati di seguirlo e insieme puntano su Köpenick, alle porte di Berlino. L’obiettivo del ciabattino-attore-sociologo è il municipio locale, del quale il sedicente capitano prende controllo “per ordine diretto di Sua Maestà”, parole che lusingheranno poi il Kaiser.

 

Arrestati il sindaco e il tesoriere comunale sempre in nome di Guglielmo II, Voigt si fa consegnare 4.000 marchi e rilascia regolare ricevuta. Il tentativo di impossessarsi dell’intera cassa va a vuoto ma Voigt non si dispera: chiama una carrozza per il sindaco e la moglie, ordina ai “suoi” soldati di tornare a Plötzensee e si va a godere il bottino a Berlino.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

La sua libertà durerà solo altri dieci giorni. Condannato a quattro anni di carcere, il capitano di Köpenick ne sconterà solo due grazie alle pressioni della stampa. Da lì a poco sfrutterà commercialmente le proprie gesta reinventandosi attore. Dopo aver viaggiato negli Stati Uniti  e in Francia, morì il 3 gennaio 1922 all’età di 72 anni in Lussemburgo, dove si era trasferito e dove esercitava ancora da ciabattino. Di lui tedeschi non hanno più smesso di parlare.

PUBBLICITÁ