Il Transatlantico a Montecitorio (LaPresse) 

Saverio ma giusto

Per i deputati spaventati dal droplet, obbligo del silenzio: legiferate a gesti!

Saverio Raimondo

Il Covid è come la puzza di fritto: se tieni le finestre aperte si disperde. Problema: nell’Aula parlamentare non ci sono finestre. E infatti alcuni parlamentari firmano una lettera contro le riaperture di Transatlantico e buvette. Qualche proposta per combattere il contagio nella politica

Dopo le discoteche, lunedì hanno riaperto anche il salotto e il bar di Montecitorio, i celebri Transatlantico e buvette. Ovviamente green pass, ingressi contingentati, capienze regolate, mascherine e divisori in plexiglas. Ma il clima è tutt’altro che euforico: c’è scetticismo, circospezione, tensione. Di base, timore: 41 parlamentari hanno scritto al presidente Fico chiedendogli di ripensarci, di tornare a maggiori restrizioni, a maggiori limiti di ingressi e aperture. In Aula i deputati sarebbero 630 senza distanziamento, tutti che parlano e le mascherine si mettono e si tolgono; fortuna che ci sono gli assenteisti ad abbassare un po’ il rischio, ma non basta.

In Parlamento l’età media è di quelle da “fragili e soggetti a rischio”, c’è persino qualcuno con patologie; forse bisogna prendere qualche precauzione in più per non passare dal dibattito sul Recovery al ricovero. Ok il taglio dei parlamentari, ma così forse è troppo. Non per niente: si rischia un “onorevole cluster” nel cuore delle istituzioni, che potrebbe compromettere l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. I metodi per limitare un eventuale contagio ci sono, e sono sempre gli stessi che hanno funzionato, e bene, in altri ambienti e altre circostanze, sicuramente meno istituzionali, ma il virus non fa differenze.

Per esempio: l’areazione. Il Covid è come la puzza di fritto: se tieni le finestre aperte si disperde. Problema: nell’Aula parlamentare – quella dove si fa assembramento, per intenderci – non ci sono finestre, manco un piccolo lucernario, un oblò, un deflettore, niente. Poi dici perché il Palazzo ha perso contatto col paese reale: questi non vedono la luce del sole, non sanno più distinguere nemmeno tra il giorno e la notte. Non sono architetto, e ignoro perché i parlamenti in giro per il mondo li abbiano fatti tutti senza finestre – immagino ci siano dietro ragioni di sicurezza, o per preservare il voto a scrutinio segreto, o per evitare che i parlamentari si distraessero fissando la forma curiosa delle nuvole o il passaggio degli stormi.

Ma con il bonus ristrutturazioni e i soldi del Pnrr possiamo fare i lavori e aprire almeno un paio di finestre belle grandi, magari una per ogni emiciclo, così che spalancate facciano corrente e l’aria circoli meglio (a quel punto gli altri 589 deputati scriveranno a Fico per lamentarsi del freddo, ma lì la decisione sarà politica: o il Covid o il torcicollo, di qualcosa bisogna pur morire). Oppure facciamo un bel dehor anche per il Parlamento: tanto lì in centro a Roma è già tutto pedonale, a chi dà fastidio? C’è il riscaldamento globale, fa un caldo allucinante anche a gennaio, per i più lamentosi si piazzerà qualche fungo termico e per la pioggia degli ombrelloni, e poi via, tutti fuori a legiferare!

Altrimenti, a mali estremi, estremi rimedi: il problema del Parlamento è che si parla, tanto e senza mascherina? Basta: obbligo del silenzio per tutti i deputati. Nessuna esautorazione: il Parlamento continuerà a dibattere, ma a gesti, linguaggio del corpo o per iscritto. Una bella chat di gruppo e chi presiede la seduta sarà dotato di lavagna elettronica, così nessuno emetterà droplet né fiato in più dello stretto necessario a respirare. Così facendo prevedo lavori parlamentari più sicuri non solo dal punto di vista del Covid: se in Parlamento non si parlerà più non si alzerà nemmeno più la voce, e a quel punto difficilmente la discussione di un disegno di legge degenererà in rissa come capitato in passato. Questo e altro, per la tranquillità di 41 parlamentari.

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