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Saverio ma giusto

Non criticate il metaverso e la corsa allo spazio: liberano la terra dai peggiori di noi

Saverio Raimondo

Da quando c’è Facebook a fare da speaker’s corner per gli imbecilli, persino il livello medio delle famigerate chiacchiere da bar si è alzato. Perciò non castriamo il desiderio di evasione, anzi: auguriamoci che Zuck e Elon si spiccino a levarci un po' di gente di torno

Dunque Mark Zuckerberg, dopo aver contribuito a intossicare e rovinare il mondo (e sottolineo contribuito, a mio parere anche accidentalmente: l’idea di Zuckerberg causa di tutti i nostri mali non mi convince, dando un’occhiata ai libri di Storia pare che le cose non andassero un granché nemmeno prima dell’invenzione dei social network), Zuckerberg dicevo pare ora voglia abbandonare le macerie di questo mondo per costruirne letteralmente un altro: il metaverso, una realtà virtuale esperienziale grazie alla quale finalmente non staremo più con il telefono sempre in mano – ma solo perché avremo sempre dei visori in faccia, motivo per cui il metaverso non potrà muovere i suoi primi passi prima della fine dello stato d’emergenza pandemico, altrimenti con la mascherina il visore si appanna. L’iniziativa è in linea con quanto stanno facendo anche altri super-ricchi come Mark: sia Jeff Bezos che Elon Musk stanno investendo nella fantascienza, nel loro caso nella conquista dello spazio – non ci capisco molto in fatto di finanza, ma credo che in questo momento se la terra fosse quotata in Borsa i suoi titoli crollerebbero.

C’è chi guarda a questa “fuga dalla realtà” con scetticismo, ironia o dietrologia; io con ottimismo. E non perché non veda l’ora di rogitare nel metaverso o andare un fine settimana alle terme di Saturno; ma perché prevedo positivi effetti collaterali proprio lì dove nessuno spera o investe più, ma dove siamo comunque condannati a stare con o senza gli occhi bendati da un visore: la realtà. Mi può capire al volo chi preferisce andare al cinema di martedì o al ristorante di mercoledì, o in vacanza a giugno o a settembre: quando c’è meno gente, si sta meglio. C’è più spazio, maggiore disponibilità, non devi alzare la voce per farti sentire e si trova anche parcheggio. Con la sovrappopolazione del pianeta e la democraticizzazione di qualunque cosa, la realtà è andata declassando: ritardi, lentezze e spintoni sono all’ordine del giorno, in qualunque ordine e qualunque giorno; e tutto questo per fare esperienze di qualità sempre più infima. Invece, con la virtualizzazione della vita e lo colonizzazione dello spazio c’è la speranza che un sacco di gente si tolga letteralmente dalle palle, lasciandoci una realtà spopolata, “per pochi” e di conseguenza migliore.

Questo miglioramento della realtà è un processo già in corso grazie ai social network: nei bar – luoghi storicamente pulpito degli ignoranti e teatro delle peggio opinioni, le famigerate “chiacchiere da bar” – il livello medio del dibattito si è alzato così come le frequentazioni, e questo ben prima dell’obbligo di green pass, cioè per la precisione da quando c’è Facebook a fare da speaker’s corner per gli imbecilli. La gente al semaforo litiga sempre meno, perché sempre più impegnata a litigare su Twitter per accorgersi che quello davanti non ha visto che è scattato il verde – il quale a sua volta non se n’è accorto perché troppo impegnato a rispondere male su Twitter a quello dietro. Anche gli influencer che su Instagram appaiono più ottusi e antipatici, se incontrati nella realtà sono invece mediamente intelligenti e gradevoli, e ci si può persino parlare. Del resto basta vedere i leoni da tastiera: gente che sui social ti augura cancro, stupro e morte (non necessariamente in quest’ordine), ma che nella realtà è una persona mite che non farebbe male nemmeno a una mosca, anzi aiuta le mosche anziane a posarsi sulla merda. Insomma, non resta che augurarci che Zuckerberg si spicci con questo metaverso, e Jeff e Elon con i razzi di massa: per un mondo (reale) migliore, spurgato e depurato dal nostro peggio.