nasce il "queendom"

Lady Gaga cambia lessico e bottiglie al Dom Pérignon di Arnault

Volete sapere com'è andato l'accordo e qualche retroscena? Ecco qui. Con il backstage di Nick Knight

Visto che il linguaggio continua a recuperare valore e che, anzi, ultimamente nella comunicazione della moda e del lusso la pura immagine è in netto calo, Lady Gaga è entrata a piedi, unghie e parrucche pari in Dom Pérignon e ne ha stravolto, temporaneamente ma tangibilmente, l’heritage lessicale.

 

Per il tempo di distribuzione di una limited edition di 110 bottiglie di Rosé del 2006 di design studiato dalla stessa lady Gaga, che in cambio ha molto liberalmente sostenuto la sua Fondazione Born this way, madame ha declinato a proprio piacere la definizione di regno, che in inglese è effettivamente un termine molto “patriarcale” (kingdom, dominio del re), trasformandolo in queendom, dominio della regina, un neologismo che al tempo stesso coniuga la definizione francese di sito di origine di una certa impresa (domaine, da cui appunto “domaine de Dom Pérignon”) con le esigenze femministe, ma anche Lgbtq+, a cui la popstar fa riferimento e che si concentrano nella semantica della “queen”. D’accordo, ragionamento complicato da seguire, ma molto divertente per chi di mestiere lavori con le parole. Come lei, e un po’ anche noi. Dal “domaine” più storico del gruppo LVMH, parlano come si conviene di “audacia” e di “collisione di effervescenti energie”; lei di “straordinaria scoperta”, offerta al suo codazzo di fan, i “little monster”, della storia del monaco benedettino il cui vino magico conquistò Versailles e che, dice, la “accompagnano per elevare i momenti di festa” (il verbo “elevare” è la versione contemporanea di “libiamo ne’ lieti calici”). L’operazione Dom Pérignon per Lady Gaga, in realtà, pare fosse pronta da un annetto, ma poi ci si è messo di mezzo il Covid; dunque l’”ora et labora” del motto monastico non avrebbe potuto essere più adeguato. Nel frattempo Lady Gaga ha raccolto oltre 120 milioni di dollari a favore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’assistenza sanitaria nella lotta al Covid con il suo concerto benefico One World, acquisendo insomma nuove benemerenze). Per l’occasione, è rientrato in gioco anche Nicola Formichetti, il designer di alterne fortune che da qualche anno, cioè da quando Lady Gaga aveva deciso di diventare una donna di fattezze regolari, anche un po’ sexy vecchia maniera, era sparito con il suo armamentario di vestiti di bistecche e facce allungate artificialmente con trucchi e photoshop. Torna sul palcoscenico in gran forma come co-designer della bottiglia, un oggetto invero molto piacevole, ma anche come direttore artistico della campagna pubblicitaria a supporto del progetto – scattata e girata da quel genio assoluto che è Nick Knight. Naturalmente il nostro Formichetti, che resistette il minimo nel gruppo di Renzo Rosso come direttore creativo di Diesel, non ha resistito invece alla tentazione di riportare almeno un po’ Stefani Germanotta alla Gaga del debutto, cioè quella che piace a lui e forse un po’ meno a noi che eravamo molto affascinati dalla sua evoluzione in stella di prima grandezza, di valore anche politico e dunque sociale importante, senza bisogno di travestimenti. E invece, rieccola in versione regina fantasy di rosa vestita, con tutti i paraphernalia di un tempo, solo leggermente addolciti dalla sua nuova bellezza: parrucche, faccia lunare, unghione. Da Lvmh mettono particolare enfasi sul ruolo della “nail artist” Miho Okawara, effettivamente una celebrità nel campo, e sulle parrucche di Frederic Aspiras. Noi battiamo le mani al coreografo, Richard Jackson, e ovviamente a Nick Knight, di cui avevamo apprezzato lo scorso luglio il video di allestimento della collezione haute couture di Valentino e qualche anno fa uno dei migliori Calendari Pirelli mai prodotti. Dice che “il suo sogno era creare un’esplosione di fantasia positiva - un mondo meraviglioso che esiste solo nell'immaginazione delle persone” e che in questo “momento, il mondo ha bisogno di festeggiamenti”. Detto da lui, ci va bene tutto.

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