Il portavoce Rocco Casalino e il premier Giuseppe Conte (foto Lapresse)

SAVERIO MA GIUSTO

La variante italiana

Saverio Raimondo

La mutazione nostrana si sarebbe sviluppata quest’estate, e la colpa non è di pipistrelli o pangolini, ma dei cittadini: che hanno preso e sono usciti

Mentre l’Europa trema per la variante inglese del virus (ribattezzata “il virus delle cinque” da qualche buontempone, cioè dal sottoscritto in questo pezzo) pur non sapendo esattamente in cosa vari rispetto al ceppo originario (pare che l’unica vera differenza sia che si guidi a sinistra, e che olfatto e gusto non scompaiano ma sappia tutto di Fish and Chips), noi qui in Italia sono mesi che lottiamo con la variante italiana, pur conoscendone ormai quasi tutte le caratteristiche virali. Sappiamo per esempio, da ultimo decreto, che il virus ha una maggiore carica virale nei festivi e prefestivi (deve essere una virulenta legge del contrappasso rispetto al noto fancazzismo italico), se vai a fare shopping nei negozi di sabato o domenica (si tratta di un ceppo moralistico che condanna il consumismo e promuove il comandamento “Ricordati di santificare le feste”), e oltre i 30 chilometri di distanza dal proprio comune (resta ancora da chiarire se i 30 chilometri sono da intendersi incluso il metro e mezzo di distanziamento interpersonale o se bisogna considerare anche quello). Sempre secondo il decreto, il super-diffusore della variante italiana del virus è una terza persona non convivente, che proviene da un’altra regione e che si muove fra le 22.00 e le 5.00 a bordo di un’auto assieme a più di due persone; inoltre, questo super-diffusore è over 14 e normodotato – leggendo il decreto pare che under 14 e disabili siano immuni, tanto che comincia a girare la voce che se ti fai scudo umano con un disabile under 14 ti proteggi dal virus più che con una Ffp3 dietro un divisorio di plexiglas.

 

La variante italiana del virus si sarebbe sviluppata quest’estate, e la colpa non è di pipistrelli o pangolini, ma dei cittadini: che hanno preso e sono usciti, rispettando in modo troppo spesso goffo le norme cangianti, contraddittorie e ipocrite che di volta in volta gli veniva chiesto di rispettare. E adesso? E adesso via alla campagna di vaccinazione; ma il vaccino sarà efficace anche contro la variante italiana? Basterà vaccinare gli italiani in orrendi padiglioni a forma di primula per far sì che conservino intatto gusto e cattivo gusto? Speriamo; ma intanto, come abbiamo chiuso i voli da Londra per arginare la variante inglese, per stroncare la variante italiana forse ci vorranno nuove regole, altre regole, sempre più regole, burocrazia, dpcm giornalieri. O almeno fino ad adesso questo è stato il nostro piano pandemico. Evidentemente se sfianchi la popolazione il virus non troverà più organismi nei quali riprodursi, ma cittadini così provati da essere inospitali persino per un microrganismo così infido. Propongo pertanto di non limitare l’azione del legislatore a quante persone si possano vedere a cena a Natale, ma di farlo pronunciare anche su quanto si possa mangiare. Mettiamo le mani nel piatto agli italiani, contingentiamo gli ingressi anche nel nostro stomaco – fortuna che entrata e uscita già non coincidono. Per esempio tortellini asciutti, non in brodo che fa droplet. Si può chiedere il bis per un massimo di due volte. Il vino – rosso nei festivi e prefestivi, rosè nei feriali, bianco non prima di quest’estate – solo se invecchiato meno di 14 anni. E così via, fino a esaurimento. Nervoso. 
 

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