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Il “modello Roma” come risposta metropolitana alla minaccia del Coronavirus

Saverio Raimondo

La capitale aveva già anticipato la pandemia in ogni suo aspetto

Dal rapporto Istat sull’impatto dell’epidemia da Coronavirus sulla mortalità in Italia, non si è evidenziato sufficientemente un dato: nel marzo 2020, confrontando la media nello stesso periodo degli ultimi cinque anni, Milano ha registrato un +92 per cento di decessi; Roma, -9,4. Cioè, mentre a Milano il virus proseguiva il suo tragico contagio anche nel lockdown, a Roma le stesse restrizioni non solo hanno salvato vite dal Covid-19, ma hanno anche risparmiato la morte a chi gli andava semplicemente incontro uscendo di casa – e precipitava dentro una buca o finiva tritato nel crollo di una scala mobile. Roma, dove i casi di contagio sono stati contenuti e raramente drammatici, si è rivelata come la città ideale dove passare la quarantena e più in generale affrontare la pandemia.

 

Dubito il merito sia tutto del Papa e del suo scudo di preghiere e benedizioni; né vada attribuito solo allo Spallanzani, per il quale l’orgoglio cittadino ha comunque già raggiunto il 5° grado della scala Totti. Qui si tratta di un modello di città: l’unica al mondo a non essere stata colta impreparata dal virus, anzi ad aver anticipato molti comportamenti virtuosi. A cominciare dal trasporto pubblico: mentre a Milano un’efficiente e capillare rete di metropolitane garantiva a tutte le persone – comprese quelle contagiose – di arrivare ovunque e velocemente, a Roma un servizio metro fatiscente fatto di sole due linee e mezzo per lo più guaste, e le cui stazioni principali vengono spesso chiuse e raramente riaperte, rende impossibile la circolazione delle persone impedendo così qualsiasi tipo di contagio. A questo si aggiunge l’eccellente lavoro sanitario fatto nel trasporto su strada: non solo le fiamme che avvolgono gli autobus dell’Atac garantiscono una sanificazione perfetta, ma il fatto di doverli anche aspettare per delle ore – e il più delle volte invano – ha già dissuaso da tempo i cittadini della capitale dall’uso di mezzi potenzialmente affollati, abituandoli a viaggiare su veicoli privati, preferibilmente automobili, e per lo più soli nell’abitacolo. Il malfunzionamento romano ha reso la cittadinanza capitolina più preparata, o comunque già rassegnata, ai disagi e ritardi causati dalle restrizioni e dalle misure di contenimento: mentre il milanese è smarrito e irritato, il romano si sente già tornato alla normalità. Psicologicamente, chi vive a Roma è meno provato, più lucido, meno incline al complottismo: non stenta a credere che il virus abbia origine da pipistrelli o pangolini e si sia diffuso tramite il mercato di Wuhan, semmai si stupisce che non provenga da uno di quei giganteschi ratti che si vedono nei mercati romani – ma non in vendita, ci vanno a fare la spesa.

 

Ecco perché propongo il “modello Roma” come risposta metropolitana alla minaccia del Coronavirus. In questi anni nessuna città più di Roma ha promosso il distanziamento sociale, disperdendo ogni assembramento: spazi che chiudono, delibere scoraggianti, nessuna proposta culturale, zero investimenti. Per non parlare delle strade buie, sporche e maleodoranti, che hanno convinto le persone a rinchiudersi in casa ben prima del virus, quando ancora l’emergenza sanitaria erano solo i rifiuti. (Rifiuti in strada ai quali ora si aggiungono le mascherine gettate a terra ma che a Roma, contrariamente ad altre città abituate al decoro e alla nettezza urbana, si mimetizzano nell’insieme senza recare danni al paesaggio).

 

Ancora non sappiamo con esattezza quanto il Covid-19 sopravviva sulle superfici; ma possiamo già affermare con sicurezza che da questo punto di vista il degrado romano ha protetto i suoi cittadini. Mentre le superfici asettiche e levigate di Milano accoglievano il virus, a Roma la mancanza di superfici libere fra macchine in tripla fila e cumuli di spazzatura ha fatto sì che il Covid non si riuscisse a depositare da nessuna parte, disperdendosi nell’aria assieme ai vaffanculo. Roma ha anticipato la pandemia in ogni suo aspetto: nella Capitale è già da qualche anno che la natura si è ripresa i suoi spazi, come dimostrano le strade che diventano torrenti appena piove, le automobili abbattute da alberi caduti o i parchi incolti come inguini dopo due mesi di lockdown.

 

Roma è il modello di città da seguire, oggi come in futuro, per evitare un contagio virale come quello che in questi mesi ha fermato Milano. L’unica cosa che potrebbe fermare Roma in questo momento è un ulteriore salto di specie da parte del virus: da uomo a gabbiano.

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