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Viaggio basso padano

Luciana Grosso

Lodi-Milano e ritorno in auto. Nella finestra tra il post zona rossa e il grande lockdown

Lodi. La vita al tempo dei divieti che non sono divieti – almeno fino alla mattina di un giorno fa, il 12 marzo, quando dopo la sparizione delle zone rosse e la trasformazione durata 48 ore dell’Italia in zona arancione, tutto il paese è diventato una zona rossa o in lockdown – e la vita fatta delle comprovate esigenze per aggirare i divieti che non devono essere poi tanto comprovate, è una vita fatta, soprattutto, di domande e dubbi. Sono loro, soprattutto, a farmi compagnia, visto che di macchine e persone in giro ce n’è proprio poche.

 

Così, mentre parto da Codogno, un tempo “capitale” della primissima zona rossa (la ricordate? I dieci comunelli della Bassa Padana focolaio del coronavirus che furono chiusi per primi, tra spavento e chi diceva be’ non esageriamo?) per dirigermi in auto da Lodi e a Milano, nei giorni prima dell’ultima apparizione in tv di Giuseppe Conte, per annunciare il lockdown nazionale, mi chiedo: si potrà circolare liberamente? Ci saranno i posti di blocco? Qualcuno chiederà prove dell’irrinunciabile esigenza che mi ha portata a uscire di casa? Come funziona questa cosa dell’autocertificazione? E se queste ragioni non dovessero essere abbastanza “comprovate” si verrà rispediti a casa? Scatterà una denuncia?

 

La risposta è, per lo più, un grande boh, per superare il quale l’unica opzione possibile mi sembra essere quella di saltare in macchina e vedere che succede sulle strade della bassa Lombardia.

 

Così mi muovo da Codogno, cittadina che in teoria dovrebbe essere euforica, visto che per la prima volta da febbraio, martedì non ha registrato nuovi casi di infezione, ma che in realtà è ancora tramortita e spaventata. Porta in faccia i segni di 189 casi su 15 mila abitanti, di due settimane di chiusura completa, con i soldati a far la guardia e gli abitanti chiusi lì, a passare il tempo a scappare dal virus e l’onta di essere stata uno dei “focolai”, quasi fosse una colpa. Qualcuno, ora, esce di casa, o ci prova almeno. Ma si vede che ci credono poco e comunque non si fidano e preferiscono stare a casa fino a quando le acque non si saranno calmate. Che loro, con il coronavirus, hanno già dato grazie.

 

Così percorro il breve tra tratto della Via Emilia che separa Codogno da Lodi e che attraversa tutta la ex zona rossa (85 morti su 50 mila abitanti in due settimane). Lungo la strada incontro meno di una decina di macchine e qualche camion. Strano trovare così spettrale questa strada, strada di camion e furgoni. Strano che sia la stessa strada che da adolescente ho percorso in direzione delle discoteche più truzze del circondario. Strano attraversarla senza cantare Max Pezzali a squarciagola. Eppure tant’è. Dopo meno di un quarto d’ora di viaggio nel niente arrivo a Lodi (e ai suoi 50 mila abitanti) e poi proseguo verso Milano (e il suo milione e mezzo di abitanti). Entrambe le città sono immobili. Meno tramortite di Codogno, certo, ma svuotate, ferme, impaurite.

 

La strada che unisce queste tre città così vicine e così lontane, è un percorso breve, che fino a pochi giorni fa era roba da travet, da pendolari che si lamentano del traffico, di logistica delle merci e che oggi, invece, assomiglia a una traversata oceanica nel deserto della pianura.

 

Così, alla fine del mio breve viaggio nella zona rossa più grande del mondo, mentre ancora il governo non ha deciso di accogliere la richiesta di Attilio Fontana e Giulio Gallera di chiudere tutto, senza eccezioni, e anzi di trasformare tutta l’Italia in un grande Lodigiano, me ne torno a casa con un dubbio risolto e uno ancora per aria. Quello risolto è che sì, per ora si può circolare, anche se non c’è nessun posto vero dove andare e se, oggi come oggi, #iorestoacasa è la cosa migliore che si possa fare. (Poi, dopo poco, è diventata l’unica cosa che si possa fare, e i controlli sulle strade ora ci sono davvero). Il dubbio che è ancora per aria, dopo aver attraversato questi paesi che avevano l’aria di una terra di nessuno, è: ma siamo sicuri che basterà? E se non dovesse bastare che si fa? Qual è la prossima fermata?

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