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Quella del decreto Conte è stata anche una notte d'amore

Simonetta Sciandivasci

Tra tulipani del Carrefour e grandi ritorni, lunedì gli italiani in coppia infelice l’hanno presa come fosse l'ultima notte al mondo

Lunedì notte, che notte. Giuseppe Conte ha mandato gli italiani a letto senza niente dopo aver detto loro, mentre cenavano, che “purtroppo tempo non ce n’è” e che fino al tre aprile si starà tutti a casa, tutti proprio tutti da Trieste in giù, si uscirà per andare a lavoro, a fare la spesa, e basta. Quando ha concluso, quando ha detto “sull’esercito stiamo valutando”, il paese era già in altre faccende affaccendato, erano tutti in bagno, o in veranda, o in balcone, in ascensore con il cane, per un’ultima chiamata, un messaggio, un vocale a quelle lì o a quelli là dai quali sarebbero corsi se fosse bruciata la città (abbiamo tutti un ignifugo da piangere). Solo che la città non brucia, ma chiude, e non si sa bene per quanto, nessuno ci crede più troppo alle date, alle previsioni.

 

Lunedì notte gli italiani in coppia infelice l’hanno presa come l’ultima notte al mondo e allora si sono scritti ehi, come stai, come la stai prendendo, vuoi che venga da te, per un’ora d’amore non so cosa darei, anche perché la prossima ora chissà quando l’avremo, da domani siamo tutti in smartworking, sì anche lei, anche lui, non so proprio cosa potrò inventarmi per venire da te, e poi non ho capito bene se potremo uscire, forse dovremo incontrarci al supermercato d’ora in poi, e baciarci dietro il banco dei surgelati, ah no non possiamo neanche baciarci, va bene, vengo subito, vengo da te. Un traffico di lupi solitari ha attraversato le strade dalle dieci a mezzanotte, tutti in direzione ragazza di Roma la cui faccia ricorda il crollo di una diga, ritenendosi eroi tanto da fermarsi al Carrefour 24h a prendere del vino, fregandosene degli inviati voluttuari che li filmavano su Instagram per raccontare alla propria bolla che l’assalto ai supermercati era iniziato e il panico aveva invaso le strade e l’indomani non ci sarebbe forse più stato niente con cui sfamarsi, niente a parte i paté di alghe. E poi sono andati dalle loro ignifughe e le hanno salutate e amate e sono tornati a casa dalle mogli, che avevano fatto altrettanto con i loro propri ignifughi e, ciascuno stando solo sul cuor del letto, si sono augurati la buonanotte sospirando e tremando all’idea di quello che, da allora per altre tre settimane, avrebbero affrontato. E cioè la convivenza con l’estraneo o l’estranea che hanno sposato. Una vacanza d’agosto all’ennesima potenza, senza suoceri di mezzo ma con dei terroristi assai più spietati e cioè i figli.

 

I freelance già lo sanno, e lo sapranno ancora di più nelle settimane a venire, il rumore che fanno i matrimoni distrutti dalla prossimità spazio temporale dei contraenti: è il rumore che ha disegnato Munch nel suo urlo, mica quello che canta Diodato. I condomini italiani sono già una sala di registrazione di quel rumore, e sono passate soltanto poche dozzine di ore di reclusione per giusta causa. Chissà come finirà, se ad aprile accadrà quello che sempre accade tra settembre e ottobre, quando gli italiani tornano dalla casa al mare e chiamano l’avvocato per avviare le pratiche di divorzio (il picco di richieste di separazione si registra alla fine dell’estate e a gennaio, alla fine dei periodi di vacanza). E questi sono i coniugati. Gli scoppiati, invece, i single, i fidanzati con il proprio curriculum, gli innamorati a distanza e insomma i millennial hanno pensato che finirà malissimo come in Black Mirror e quindi si sono decisi a fare il grande passo, ad andarsi a prendere quell’amore che avevano lasciato a macerare nelle visualizzazioni delle Instagram stories, sperando che attirassero l’attenzione del visionato o della visionata, chissà con che diritto poi. E hanno persino chiamato, hanno detto “ehi!”, si sono sentiti rispondere “Ohi!”, hanno conversato, si sono promessi che nelle prossime settimane si vedranno su Skype. Nell’ultima notte dell’Italia aperta è persino successo che gli uomini che non cambiano e tornano sempre siano effettivamente tornati e molte di noi si siano trovati questi revenant causa coronavirus sotto il portone di casa, con un mazzo di tulipani in mano e il comunicato di Conte trascritto nell’altra, e abbiano detto tutte ancora un altro sì.

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