Una scena del film "Joker"

Le masse diffidano del leader e si identificano nell'uomo qualunque. Il modello Joker

Come nel film, gli indignati di tutto il mondo si riuniscono in movimenti orizzontali e senza guida. Sta nascendo un nuovo modo di fare politica

Un Foglio internazionale. Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, selezionate per voi da Giulio Meotti


 

"Il film pluripremiato ‘Joker’ ha catturato e indignato gli spettatori di tutto il mondo”, scrive Karina Orlova sull’American Interest: “A parte la grande performance di Joaquin Phoenix e l’ottimo lavoro del regista Todd Phillips, una delle cose migliori dell’opera è la rappresentazione di ciò che Hannah Arendt chiamava la banalità del male. All’inizio del film ci aspettavamo di essere catapultati in un universo di supereroi da cartoni animati in cui il villano mostra una certa raffinatezza – pensate a un nemico di James Bond assetato di potere. Tuttavia, nel film ‘Joker’ i manifestanti riottosi e l’uomo che dovrebbe essere il loro leader non sono degni di nota. La massa è composta da tanti uomini qualunque che distruggono la città come segno di protesta contro le diseguaglianze e la plutocrazia. E il villano principale, Arthur Fleck, non è una mente criminale ma un uomo con problemi di salute mentale che viene trascinato dagli eventi. Fleck non è un leader nel senso tradizionale. Essendo debole e trascurato dalla società, il protagonista diventa un simbolo di protesta attorno al quale si uniscono le masse. Ma Fleck non ha alcuna ambizione di essere un leader, nonostante la sua faccia da clown sia diventata il marchio di fabbrica delle manifestazioni. Il movimento non ha una gerarchia ma è potente e distruttivo. Se Putin in Russia ha creato il cosiddetto potere verticale, il movimento di Joker è orizzontale. Il film ha suscitato grandi reazioni tra i francesi, che hanno notato delle analogie tra le manifestazioni di Joker e le proteste dei gilet gialli. Se digitate ‘Joker Gilet Jaunes’ su Google troverete molte immagini del protagonista che indossa un gilet giallo e dozzine di articoli che analizzano la situazione politica in Francia. Negli Stati Uniti viene in mente un paragone diverso: Donald Trump è il Joker dei nostri tempi, ci sono molti paralleli tra i due personaggi. Il finale in cui Fleck riesce a cavarsela dopo aver commesso vari omicidi alla luce del sole evoca il ricordo di Trump che in campagna elettorale si è vantato di potere sparare a una persona sulla Fifth Avenue senza perdere voti. Possiamo anche tracciare un parallelo tra la scena finale in cui Joker uccide un conduttore televisivo e le fantasie di Trump contro i giornalisti.

 

Il comportamento di Joker è l’immagine del populismo moderno portato alle sue conseguenze estreme: un rifiuto non solo delle élite ma della leadership stessa. Il film mostra un ‘leader’ senza volto – un clown tra una folla di clown. E questa fantasia è possibile per la prima volta nella storia grazie alla tecnologia. Le manifestazioni senza leader si sono diffuse in tutto il mondo. Prendete le proteste degli indipendentisti catalani a Barcellona, che sono state orchestrate in rete. Il gruppo organizzatore si chiama Democratic Tsunami e il grande pubblico e la maggior parte dei manifestanti non sa niente di loro. Allo stesso modo, a Hong Kong quasi un milione di persone si sono riversate nelle strade senza avere un leader visibile. Lo stesso vale per i gilet gialli in Francia, le proteste anti governative in Iran, Libano, Cile, Sudan, Georgia e anche in Russia.

 

Questo genere di proteste è una delle conseguenze della rivoluzione dell’informazione. La mail e internet hanno facilitato l’accesso all’informazione e questo ha avuto un grande impatto sulla politica. Il modo in cui aggreghiamo, consumiamo e distribuiamo l’informazione ci ha reso tutti più uguali. Siamo abituati a usare AirBnb e Uber, anche se non abbiamo ancora capito gli effetti profondi di queste nuove tecnologie sulla politica. Il nuovo paradigma sta diventando sempre più orizzontale e meno verticale – un alveare senza ape regina.

 

La proliferazione di questi movimenti senza leader indica che le strutture verticali del potere non rappresentano più la realtà in cui viviamo. Può darsi che i leader populisti e ‘inadeguati’ come Donald Trump rappresentino una domanda crescente per un livellamento dei rapporti in politica. La presidenza Trump è il riflesso di una rivolta contro la politica stessa. Il razzismo, risentimento e le interferenze russe hanno sicuramente avuto un ruolo ma può darsi che Trump sia semplicemente il leader adatto ai nostri tempi. I suoi seguaci non si sentono a loro agio con i modi tradizionali di fare politica, e gli chiedono un approccio diverso. Se Trump dovesse perdere nel 2020, e l’ideologia del trumpismo sparire dalla circolazione, resta comunque improbabile che la politica democratica che Trump ha reso possibile possa scomparire da un momento all’altro. Può sembrare che ci stiamo avviando verso un periodo di rivolta perpetua ma ci sono alcune ragioni per essere ottimisti. Innanzitutto, il fatto che molti populisti usano i social media non significa necessariamente che i social media siano la causa del populismo o che quest’ideologia sia sempre dannosa. Non dimentichiamo che Barack Obama è stato tra i primi a sfruttare il potere dei social media per comunicare con tutto il paese. 

 

L’apparente indifferenza degli elettori può nascondere un disagio verso gli strumenti tradizionali della politica. Può darsi che i cittadini restino ben disposti verso i leader seri a patto che sappiano rompere le gerarchie e usare nuovi modi per comunicare. Esistono già delle serie televisive interattive in cui gli utenti possono prendere delle decisioni per il protagonista scegliendo alcune opzioni sullo schermo. Cosa succederebbe se queste tecnologie fossero applicate alla politica? Se anziché votare un politico ogni due o quattro anni scegliessimo per loro in tempo reale? In questo mondo, i rappresentanti diventerebbero un dettaglio tecnico nella realizzazione delle preferenze degli elettori. Per farla breve, il futuro della democrazia high-tech potrebbe essere diverso da ciò che immaginiamo oggi”. (Traduzione di Gregorio Sorgi) 

 

Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre su American Interest

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