Al Gore (foto LaPresse)

“Questo clima è un crematorio”. Gli ecologisti che usano la Shoah

Giulio Meotti

Non solo il capo di Extinction Rebellion. Da Al Gore a Vandana Shiva, gli ecologisti che abusano dell'Olocausto

Roma. Il più puro, il più idealista, il più indomito dei salvatori del pianeta, il fondatore di “Extinction Rebellion” Roger Hallam, arrestato pochi mesi fa per aver tentato di far volare un drone sull’aeroporto di Heathrow per fermare il traffico aereo, è finito nei guai. In un’intervista al settimanale tedesco Zeit, Hallam ha liquidato l’idea che l’Olocausto sia un evento eccezionale: “E’ un fatto che milioni di persone nella nostra storia sono state regolarmente uccise in circostanze terribili”, per questo “a voler essere onesti” l’Olocausto “è un evento quasi normale” e “solo un’altra stronzata nella storia dell’umanità”.

 

 

Hallam è stato ovviamente travolto dalle critiche. Peccato che siano anni che gli ambientalisti minimizzano, abusano, banalizzano e arruolano persino l’Olocausto nella propria agenda ideologica. C’era già un discorso di Hallam a un evento dell’organizzazione per i diritti umani Amnesty International in cui l’ambientalista paragonava Auschwitz alla crisi climatica: “Come non c’era poesia dopo Auschwitz, così non ci sono parole sull’emergenza ecologica”. Scrive il sociologo Frank Furedi su Spiked: “Molti vedranno le parole di Hallam come un semplice errore di giudizio. Ma il suo disprezzo per la memoria dell’Olocausto è sostenuto da una più ampia sensibilità antiumanista. Se credi sinceramente che le generazioni del passato abbiano sistematicamente distrutto il pianeta, allora ha un senso deformato interpretare l’Olocausto come una nota a piè di pagina di migliaia di anni di incessante depravazione umana e di ecocidio”. Era il 1989 quando l’allora senatore del Tennessee, futuro vicepresidente degli Stati Uniti e padrino dell’ambientalismo apocalittico, Al Gore, scriveva sul New York Times un articolo sulla “Notte dei cristalli ecologista”: “Nel 1939, quando le nuvole della guerra si addensarono sull’Europa, molti si rifiutarono di riconoscere ciò che stava per accadere. Nessuno poteva immaginare un Olocausto, anche dopo la Notte dei cristalli. I leader mondiali si crogiolarono e attesero, sperando che Hitler non fosse quello che sembrava, che la guerra mondiale potesse essere evitata. Più tardi, quando le fotografie aeree avrebbero rivelato i campi di sterminio, molti hanno fatto finta di non vedere. Nel 1989, nuvole di diverso tipo segnalano un Olocausto ambientale senza precedenti. Eppure oggi le prove sono chiare come i suoni del vetro frantumato a Berlino”. Ospite del festival Trieste Next due settimane fa, l’oceanologo britannico Peter Wadhams ha detto che nell’Artico è in corso un “genocidio”, la parola coniata dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin per indicare lo sterminio dei sei milioni di ebrei europei e da allora entrata nel canone internazionale. Marina Silva, la socialista brasiliana volto della campagna di denuncia dei roghi in Amazzonia, ha detto che si tratta di un “olocausto ambientale”. In un recente studio dello Università of College London, si parla di un “genocidio da CO2” per la colonizzazione delle Americhe da parte delle potenze europee del tempo. “Il genocidio climatico sta arrivando”, titola il New York Magazine. “Il prossimo genocidio”, commenta sul New York Times lo storico Timothy Snyder. “Può il cambiamento climatico causare un altro Olocausto”, si domanda New Republic. Il cardinale di Myanmar, Charles Maung Bo, in una nota all’agenzia Fides scrive che “stiamo affrontando un olocausto ecologico”. “Stiamo attraversando un olocausto ecologico”, ha detto l’ambientalista Prerna Bindra. “Genocidio ambientalista”, dice l’arcivescovo anglicano John Sentamu. “Mettiamo fine all’ecocidio e al genocidio”, scrive Vandana Shiva, neoconsulente del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e che ha accusato la Monsanto di “genocidio”.

 

 

Chi mette in discussione il global warming così come viene presentato dagli ecologisti usurpatori dell’Olocausto è oggi definito “negazionista”. Peccato che non esista commissione possibile per questa banalizzazione. Perché chi dovrebbe denunciarla siede comodamente dalla parte di chi parla di una “Auschwitz climatica”, le ciminiere di CO2 evocate da Greta Thunberg nel libro “Scenes from the heart”. Ciminiere simili a crematori. Ieri gli ebrei, oggi le piante. Roger Hallam ha “soltanto” sbagliato a parlare della vera Shoah. Se si fosse limitato a denunciare quella green sarebbe ancora un benefattore.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.